Giorno 24: Minoh, cascate e foglie d'acero fritte

Se i fiori di ciliegio sono il simbolo del Giappone e la primavera è la stagione più gettonata per la visita del paese per riuscire a vedere la fioritura, credo che la bellezza dei colori autunnali giapponesi non sia affatto da sottovalutare. 


Appena confermato che avrei trascorso il mese di Novembre nel Paese del Sol Levante, il mio primo pensiero è stato quello di cercare un luogo dove poter godere del foliage autunnale in tutto il suo splendore. Girovagando un po' su internet ho così scoperto un posto che faceva al caso mio, con delle stupende cascate e assolutamente fuori dai soliti itinerari turistici: Minoh.
Minoh è una cittadina nella prefettura di Osaka, conosciuta per possedere uno dei parchi nazionali più antichi del Giappone, il quale ospita un folto numero di scimmie che vivono in libertà.



Quel giorno a Osaka sembrava una mattina soleggiata, come il giorno precedente a Nara, invece appena messo piede fuori dall'hotel siamo state colpite da un vento gelido, a tal punto che ci siamo viste costrette a rientrare e cambiarci per indossare vestiti più pesanti.
Era il 23 Novembre, festa nazionale in Giappone e l'esperienza ci aveva insegnato che ciò significava solo una cosa: file infinite e folla ovunque. Proprio per questo avevamo scelto di dedicare quella giornata alla visita di Minoh. Speravamo di evitare la calca di turisti o quanto meno di evitare le file decidendo di recarci in un luogo aperto, dove non era necessario mettersi in coda per entrare.

Stazione Osaka Umeda © Go Japan Go
Dalla stazione di Osaka Umeda si arriva a Minoh in 30 min prendendo la Hankyu Takarazuka line fino a Ishibashi e poi la Hankyu Minoh line fino a destinazione. La tratta non è compresa nel JRP ma il costo è molto contenuto, appena 540 yen A/R, al cambio attuale circa 4 euro.
La tratta Ishibashi-Minoh è davvero brevissima e la si percorre su un trenino striminzito molto caratteristico.

© 1 day elsewhere

Il biglietto si acquista alle macchinette della stazione Umeda. All'inizio non riuscivo davvero a capire come funzionassero ma una volta compreso il meccanismo è stato davvero semplice. In pratica ogni fermata è compresa all'interno di una zona a cui corrisponde un prezzo diverso. Basta individuare la zona nella mappa delle linee, posta al di sopra delle macchinette, e digitarla sullo schermo in modo da pagare la cifra esatta e il gioco è fatto.

© Wikipedia

Appena salite sul convoglio dell'Hankyu Minoh line abbiamo capito che neanche decidendo di allontanarci dalla grande città avremmo evitato la folla.
Il vagone era pieno da scoppiare, sia chiaro solo volti orientali, di turisti occidentali nemmeno l'ombra, ma comunque non c'era nemmeno un millimetro di spazio tra un corpo e l'altro, permeati dal sudore. L'unica salvezza è stata che la destinazione era davvero vicina. La gente ha iniziato a scendere dal treno quasi come uno schizzo di colore che esce a pressione dal tubetto, espandendosi man mano che si riversava in strada.
All'uscita della stazione un gruppo di giovani ragazzi distribuiva mappe della città con indicati i principali luoghi di interesse, l'itinerario per raggiungere le cascate e infine i ristoranti consigliati dove mangiare.


Visto che tra cambio vestiti, cambio stazione e fare i biglietti alla fine eravamo arrivati a Minoh che era già mezzogiorno e non avevamo nemmeno avuto il tempo di fare colazione, abbiamo deciso che prima di dirigerci verso le cascate era il caso di andare a rifocillarci.
Seguendo la mappa dei ristoranti consigliati ne abbiamo individuato uno specializzato in tonkatsu con prezzi abbordabili e non lontano dalla stazione.


All'ingresso c'era una breve fila di quattro o cinque persone per cui ci siamo accodate. Peccato che  quando la cameriera è uscita ci ha comunicato che il tempo di attesa era di 1 ora. Non sapendo dove altro andare ci siamo comunque iscritte alla lista d'attesa. Abbiamo aspettato per un pò, ma ogni secondo che passava era un supplizio, lo stomaco brontolava e le osse ci dolevano per il freddo.
Poi ci siamo ricordate che dirigendoci verso il ristorante avevamo incrociato un MrDonuts e abbiamo deciso che potevamo ingannare freddo, fame e attesa in un colpo solo, andando a mangiarci delle ciambelle.
Il locale presentava un'infinità di ciambelle diverse per forma e gusto. Ne abbiamo scelte 3 da dividere e ci siamo accomodate.


Tra una chiacchiera e un morso, l'ora è volata così in fretta che abbiamo dovuto correre per raggiungere di nuovo il  ristorante.
Siamo arrivate appena in tempo per rimetterci in coda, che la cameriera è uscita a chiamare il nostro nome.
All'interno il ristorante era davvero piccolo ma molto accogliente. La cameriera ci ha mostrato il tavolo e ci ha lasciato il menù.

© Google Maps

E lì si è diffuso il panico. Il menù presentava poche immagini ed era scritto solo in giapponese, pieno zeppo di kanji, non riuscivo a decifrare nemmeno una parola.
Abbiamo chiamato la cameriera per farci portare un menù in inglese ma non lo avevano, e lei stessa aveva difficoltà a trovare parole inglesi per spiegarci cosa contenevano i vari piatti. 
Girando e rigirando il menù ho alla fine trovato qualche parola in katakana che riuscivo a leggere.

© Yelp

Il katakana di solito viene usato dai giapponesi per scrivere parole di origine straniera, di solito inglese, o meglio per scrivere la pronuncia giapponese di parole inglesi. Ad esempio la parola "Circus" in katakana si scrive "サーカス" che si legge "Sarkasu". Capite come non sia affato chiaro, almeno a noi stranieri, quale parola inglese stiano utilizzando. 
In ogni caso sul menù una delle poche parole che riuscivo a leggere e che si ripeteva spesso, era ローrosu, ma cosa poteva significare?
 
© Yelp

Mi sono ricordata di una volta che comprando da mangiare in stazione avevo chiesto delucidazioni alla commessa su due bento che sembravano identici ma avevano prezzi diversi e lei mi aveva spiegato che dipendeva dal taglio della carne di maiale con cui era fatta la cotoletta all'interno. Uno di questi tagli si chiamava rosu. 



Sollevata, stavo per ordinarne due, quando l'occhio mi è caduto su un'altra parola in katakana: カレー kare, cioè curry. Ok, forse anche per questa volta ce la saremmo cavata.

© Yelp
A giudicare poi dai piatti che ci hanno portato direi che è andata piuttosto bene. Il curry che mi è arrivato non assomigliava affato a quello tipico giapponese che mi aspettavo, ma era davvero delizioso per cui non ho avuto davvero niente da ridire.



Finalmente piene, ci siamo dirette nuovamente verso la stazione, da cui partiva il sentiero che conduceva alle cascate. Una statua raffigurante un uomo che porta sulle spalle la madre segnava l'inizio della via. Abbiamo così imboccato l'ampio viale che affiancava il fiume per immergerci finalmente nell'atmosfera del parco.



Il corso del fiume era piuttosto irregolare, ricco di pietre e ciottoli che ne deviavano il cammino e costringevano l'acqua a brevi salti dall'alto verso il basso formando qua e là delle cascatelle. Alti alberi variopinti, per lo più aceri e cedri, affiancavano sui lati il fiume e la strada, questi ultimi separati tra loro da argini con recinsioni fatte di tronchi.



Solo piccole case in legno costruite in stile tradizionale comparivano di tanto in tanto lungo il percorso e diventavano sempre più rade man mano che ci si avvicinava alle cascate.
Tra di esse le mie preferite erano sicuramente le kawayuka, costruzioni in legno, oggi adibite a ristoranti, realizzate direttamente sull'argine del fiume. Pranzare lì sarebbe stato davvero stupendo ma purtroppo esse erano aperte solo da Aprile ad Ottobre.


Ci siamo invece soffermate in un negozietto, attirate da un oggetto fin troppo familiare ma totalmente fuori contesto. Orlando se ne stava appeso ad una porta guardandoci beffardo come aveva fatto per anni appeso alla mensola della nostra cameretta in Sicilia. Ma che ci faceva un pupo siciliano in un paesino del Giappone?


Forse era un regalo fatto ai proprietari del negozio che lo avevano appeso all'entrata come portafortuna per il successo dell'attività, ma vederlo lì è stato alquanto surreale. Il negozietto era specializzato nella preparazione degli snack tipici della zona, i momiji tempura (foglie d'acero fritte). Delle signore stavano lì in vetrina a pastellare e friggere foglie in maniera ritmica. Abbiamo finito con l'acquistarne un pacchetto per mangiarli una volta giunte alle cascate. Chissà che sapore avevano le foglie d'acero? Ne eravamo praticamente circondate ma non avevo mai pensato di poterle mangiare.



© Kokoro no tomo twitter
Proseguendo lungo il sentiero siamo così giunte a una delle prime tappe del percorso, il Museo degli Insetti di Minoh. Nonostante fosse considerato tra i tre più importanti del Giappone, mi sono rifiutata di entrarci già alla vista della porta d'ingresso, assediata da famiglie con bambini vocianti, e recante una sorta di lapide con sopra incisi vari insetti.



Io ho da sempre avuto il terrore degli insetti e dopo la brillante idea di visitare una casa delle farfalle in piena estate e ricolma di sudore, adesso ho paura anche di quelle (le farfalle hanno tentato di divorarmi😣... ok esagero ma non è stato piacevole😅). In ogni caso in quel momento non sapevo se mi facessero più paura gli insetti o la folla di bambini impazziti, per cui ho evitato il problema ignorando la presenza dell'edificio.

Il museo è l'edificio sullo sfondo

Subito dietro al Museo si trovava invece il Ryuanji. Costruito per la prima volta nel 650 da En no gyouja, questo tempio è considerato il più antico dedicato al culto di Benzaiten e il luogo di nascita della lotteria. Ogni anno, il 10 di Ottobre si celebra una festa, durante la quale si tiene una lotteria, per ricordare l'evento. Immerso com'era nei colori autunnali e con il suo ponte rosso l'ho trovato molto suggestivo.




Nelle vicinanze del tempio la strada principale subiva una biforcazione, un sentiero proseguiva dritto, l'altro lo seguiva in parallelo ma da una posizione sopraelevata. Abbiamo deciso di proseguire lungo il sentiero più alto finchè questi non ha incrociato un altro piccolo sentiero, che attraverso dei gradoni a tornanti risalivano un fianco della montagna. Prese le scale, queste ci hanno condotto alla statua del famoso medico e batteriologo Noguchi Hideyo, il cui volto si trova raffigurato anche sulla banconota da 1000 yen. Sembra che la statua sia stata fatta costruire dai partecipanti al Koto no ya, una festa di benvenuto per Noguchi, i quali erano rimasti toccati dall'amore con cui il dottore si prendeva cura della propria madre.




Ridiscese, abbiamo proseguito lungo la via fino a raggiungere il Toujin Modoriiwa, un gigantesco masso che fiancheggiava il viale su un lato. Era talmente grande che non entrava tutto in una foto. Si dice che un abitante di Tou, venuto a Minoh per vedere le cascate, si sia spaventato alla vista di questo masso ed abbia rinunciato, tornando indietro. Dotata di poteri magici, sembra che quando questa pietra venga toccata, scacci via gli spiriti maligni. Nel dubbio, le abbiamo dato una bella palpatina anche noi.

© Icebox
 

Inoltrandoci ancora all'interno del parco siamo infine giunte in vista delle cascate.
La folla che ci aveva accompagnato in gruppi sparsi durante tutto il percorso si era ora concentrata in un'unica calca informe di fronte al bianchissimo corso d'acqua che precipitava dall'alto lungo la parete rocciosa, adornata dalle coloratissime foglie degli aceri. Le acque del fiume scorrevano facendosi largo tra le rocce brune, mentre un ultimo ponte rosso le attraversava, affacciandosi sul bacino nel quale si riversava la cascata.
 



Era uno spettacolo stupendo, peccato davvero per il sovraffollamento e per la mancanza delle scimmie. Durante tutto il tragitto non ne abbiamo avvistata nemmeno una. Ma questo parco non era famoso per le scimmie che giravano libere? Allora dove si erano nascoste? 
Ci siamo fatte spazio su una panchina di fronte le cascate e abbiamo aperto il nostro pacchettino di momiji tempura. Speravamo di vedere comparire qualche scimmia, magari attirata dal cibo, ma niente.


Comunque anche dopo aver finito la confezione, che gusto avessero le foglie d'acero non l'ho proprio capito. La pastella attorno era davvero troppo spessa e avvolgente, il sapore era dolce e delizioso, ma credo che ciò avesse poco a che vedere con il reale gusto delle foglie.


Dopo esserci riposate a sufficienza, abbiamo deciso di tornare indietro, ma stavolta seguendo un sentiero diverso, più piccolo ma per questo meno turistico. Ciò ci ha permesso di godere a pieno del parco senza essere circondati tutto il tempo da quella calca infinita di persone. Anche se non avevamo ben chiaro dove stessimo andando (era la strada giusta per tornare in stazione?), mi è piaciuto godere dei colori autunnali in tranquillità, scoprire nuovi scorci e scendere lungo il corso del fiume.



Certo che dopo 24 giorni avevamo certe borse sotto gli occhi 😫
Quando infine abbiamo raggiunto nuovamente il tempio Ryuanji, abbiamo capito di aver percorso la via  sottostante quella che avevamo scelto all'andata. Ritrovare la stazione per fortuna non era più un problema.


Facendo un bilancio devo dire che Minoh mi è piaciuta. Soprattutto al ritorno dalle cascate. Non vorrei ma devo ammettere che l'affollamento influenza sempre negativamente la mia percezione dei luoghi che visito. Nonostante questo mi è piaciuta. Se proprio dovessi trovare un difetto direi che forse mi aspettavo ancora di più dai colori autunnali, ma questo perchè dopo Nikko niente riesce a reggere il paragone.


Amo la montagna giapponese, amo gli aceri e gli stupendi colori delle loro foglie. Amo camminare in mezzo al verde e non mi dispiace che questo verde sia un po' addomesticato. In questo Minoh è perfetta. Un giorno spero di essere in grado di affrontare un trekking difficoltoso, ma per il momento sono felice che ci siano posti come questo parco dove anche un'incapace come me può godersi la natura.

Al prossimo post dove vi porterò a 1000 metri d'altezza per fare meditazione insieme ai monaci buddisti.

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