Giorno 28 parte 2: Hiroshima, per non dimenticare

© L'Antidiplomatico

Parlare di Hiroshima non è mai semplice. Il suo solo nome, tristemente famoso in tutto il mondo, evoca nella mente di chiunque, uno dei giorni più terribili e bui della storia dell'umanità: il 6 Agosto 1945. La Seconda Guerra Mondiale ha lasciato orrore e distruzione ovunque, ma credo che in nessun altro luogo come in Giappone, tale orrore sia ancora così vivido nella mente delle persone.
La ferita è stata troppo grande e non credo sia ancora del tutto cicatrizzata.
Dalla devastazione della bomba atomica Hiroshima è risorta, ed oggi è una città moderna che guarda al futuro, ma senza dimenticare il passato.

© Peter Lam
Ed è anche giusto così. Ci sono cose che per nessun motivo andrebbero dimenticate. Dimenticare porta a dare meno importanza al passato, a commettere di nuovo gli stessi errori e ci sono errori che non devono più essere commessi per nessun motivo.
A prescindere da quali siano le motivazioni, la guerra è sempre sbagliata e visitare Hiroshima ce lo fa capire molto bene.
Nonostante io abbia avuto molto meno tempo di quello che avrei voluto da dedicare a questa città e l'abbia girata frettolosamente, essa mi ha comunque lasciato un segno indelebile, che sono sicura rimarrà dentro a chiunque si trovi a passeggiare per il Parco della Pace con un minimo di cognizione di causa.


Hiroshima va vista. Per conoscere. Per capire. E per imparare. Potreste sapere minuto per minuto la cronaca di ciò che avvenne quel giorno del 1945, ma non capirete mai davvero finchè non visiterete questa città. Sarà un viaggio duro che toccherà corde profonde, ma è un viaggio che va fatto.
Prima di partire, lo devo ammettere, quando ho deciso di includere Hiroshima tra le mete da visitare, l'ho fatto con leggerezza.
Nella mia mente avevo il desiderio di ricercare non solo le vicende più tristi della storia di questa città, ma anche ciò che di bello l'uomo aveva realizzato. Per questo motivo avevo deciso che, oltre che al Parco della Pace, mi sarei recata anche ai giardini Shukkeien e al castello di Hiroshima.

Giardini Shukkeien © jrailpass
Il nostro viaggio è andato così. Di  ritorno dalla mattinata trascorsa a Miyajima, ci siamo ritrovate alla stazione di Hiroshima che era già pomeriggio.
Ai giardini Shukkeien abbiamo dovuto rinunciare, era  già troppo tardi, non li avremmo mai raggiunti prima della chiusura.
Abbiamo così preso l'Hiroshima Loop bus con lo scopo di riuscire a raggiungere almeno le altre due mete che ci eravamo prefissate.

© hiroshima-navi
L'Hiroshima Loop bus fa parte della compagnia JR, per cui consiglio di prenderlo solo ai possessori di JRP in quanto è già compreso nel prezzo, per tutti gli altri Hiroshima ha una rete tranviaria ben organizzata che vi permetterà di raggiungere facilmente le principali attrattive della città.
Abbiamo fatto una prima sosta al parco del castello di Hiroshima. Della cinta muraria che circondava il castello non c'era più traccia, come del resto degli edifici di cui si conservava qualche rudere. Il castello originale, risalente al periodo Edo, era andato distrutto ed era stato ricostruito in stile. Abbiamo fatto appena in tempo a raggiungerlo che già ci siamo viste costrette a tornare indietro per correre a prendere l'autobus.


Quando abbiamo raggiunto il Parco della Pace era già buio. L'A-Bomb dome si scagliava contro il cielo scuro come un ultimo superstite che ritorna dal campo di battaglia. Malandato, a pezzi, eppure ancora in piedi.


Era la sala d'esposizione industriale di Hiroshima, unica sopravvissuta all'esplosione della bomba atomica, oggi è un simbolo, un promemoria di ciò che la guerra ha generato. In mezzo alla città ricostruita, fatta di luci e grattaceli sempre più alti, l'A-Bomb dome rimane immutabile, fermo alle 8.15 di quel 6 agosto.

© travelcaffeine
Spiegare cosa si prova a vederlo con i propri occhi è fin troppo difficile. Le storie terribili di cui avevo letto nei libri erano d'improvviso diventate reali. I miei piedi poggiavano su un terreno che aveva visto morte e tribolazioni. Eppure la città rasa al suolo era riuscita a rialzarsi, come una fenice che rinasce dalle sue ceneri. Dove avevano trovato la forza in mezzo a così tanto dolore?
Sentivo il mio petto riempirsi di un misto di emozioni confuse: dispiacere, rabbia, sofferenza e allo stesso tempo tanta speranza. Speranza nel futuro e nella tempra degli uomini che nonostante tutto riescono sempre a rialzarsi. "Nana korobi, yaoki" dice un proverbio giapponese. "Cadi sette volte, rialzati l'ottava".

© Lettera43
Oltre il fiume Motoyasu, che divideva l'A-Bomb dome dal resto del parco, abbiamo raggiunto il monumento dedicato ai bambini morti in seguito all'esplosione della bomba atomica. Circondato da teche in vetro contenenti migliaia di origami a forma di gru, esso è anche un memoriale in ricordo di Sadako Sasaki.



Sopravvissuta alla bomba atomica, questa bambina ha continuato a sperare di poter tornare a correre e si è legata alla sua vita il più strenuamente possibile. Confidando nella leggenda giapponese secondo cui chiunque realizzi 1000 gru di carta vedrà realizzare un suo desiderio, Sadako fabbricava origami giorno dopo giorno. Alla sua morte, causata dalla leucemia che aveva contratto per via dell'esposizione alle radiazioni della bomba atomica, ne aveva create 644. Era il 1955 e lei aveva 11 anni. Da allora altri bambini hanno continuato il suo lavoro e tutt'ora continuano a portare coloratissime gru di carte al suo monumento, come simbolo di pace, speranza e perseveranza.

© Walking borders
Sculture raffiguranti l'origami di una gru si trovano per questo appese anche alla campana all'interno del memoriale, e in cima alla struttura dalla forma allungata. Una statua raffigurante la piccola Sadako ne regge una tra le mani tendendola verso il cielo.
 



Trovarsi davanti a questo monumento rende difficile non commuoversi. La storia di Sadako è davvero struggente. Quanta forza ha dimostrato una bambina così piccola rispetto a tutta la sofferenza che ha dovuto patire. E quanti altri bambini hanno sofferto tanto come lei. Il monumento in loro onore li ricorda tutti con una preghiera incisa su una targa "Questo è il nostro pianto, questa è la nostra preghiera, costruire la pace nel mondo".
 
© twincitiesblather

Proseguendo all'interno del parco siamo arrivate alla Fiamma della Pace. Accesa per la prima volta nel 1964, essa continua a brillare da allora e lo farà ancora fino a quando ci sarà anche una sola arma nucleare nel mondo. Alle sue spalle il Memoriale della Pace e il Museo della Pace chiudono la piazza.


Il simbolo più forte e che vuole essere un importante monito, viene fuori proprio nella disposizione prospettica con cui è stata concepita la piazza. Ponendosi con le spalle al Museo della Pace difatti, è possibile vedere attraverso il Memoriale a forma di arco, la Fiamma e l'A-Bomb dome, uniti in un unico punto di fuga. Si tratta di un'immagine talmente potente da far venire i brividi. L'iscrizione sul Memoriale inoltre rafforza ancora di più il concetto che si vuole esprimere: "Affinchè i morti possano riposare in pace, è necessario ricordare a cosa hanno portato le armi nucleari e non commettere più gli stessi errori".


Da questo punto di vista il Museo della Pace diventa un punto focale. Visitarlo permette davvero di capire fino in fondo gli orrori causati dalla bomba atomica e lascia un'impressione talmente forte da cambiare il visitatore nel profondo. Purtroppo a causa dell'orario tardo in cui siamo arrivate non ci è stato possibile vederlo.  Questo è uno dei miei più grandi rimpianti.
Quando ho ripreso l'autobus per tornare in stazione, sentivo di aver perso un pezzo importante. Avevo bisogno di sapere di più, di capire meglio. Eppure anche così il miscuglio di emozioni che si prova a percorrere il Parco della Pace di Hiroshima porta alla mente così tante domande che non può lasciare indifferenti, diventa anzi subito lo spunto per una riflessione.

© asianews
La vita va comunque avanti. Nonostante tutto. E se è importante guardare al passato per imparare e migliorarsi, è ancora più importante non scoraggiarsi mai e trovare sempre la forza di affrontare le avversità. E questo è proprio ciò che aveva fatto Hiroshima.
Che la città fosse rinata più vitale che mai ce lo confermavano anche le mille insegne luminose e il via vai di persone che entravano ed uscivano dai locali. Siamo riuscite solo a fatica a trovare un ristorante con una fila accettabile per mangiare la versione locale dell'okonomiyaki. 


Anche se continuo a preferire la versione di Osaka, il nostro pasto di quella sera aveva un sapore speciale, forse perchè lo abbiamo consumato con una riconoscenza, che prima non eravamo abbastanza consapevoli di dover avere nei confronti della vita che ci era stata donata.

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Il viaggio in Giappone è ormai agli sgoccioli. Non perdetevi le ultime due tappe: Himeji e poi di nuovo Tokyo. Vi aspetto sempre qui sul blog. A presto!

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