Giorno 20: Kyoto, top of the mountain - la scalata attraverso i torii rossi

Chi non ha mai visto Memorie di una Geisha? E chi non ha mai desiderato percorrere il tunnel di torii rossi che Chiyo attraversa da bambina correndo verso il santuario, dopo l'incontro con il Direttore Generale?
Questa immagine del Fushimi Inari è bloccata nell'immaginario della maggior parte delle persone che si recano a Kyoto per visitarlo. La lunga fila di portali rossi ha acquisito la connotazione di un sogno d'amore realizzato solo a metà, e per questo forte nella sua fragilità.

© Memorie di una geisha
Vincolata a questo tipo di sentimento, mia sorella aspettava con trepidante attesa dall'inizio del viaggio il giorno in cui avrebbe varcato la soglia dell'area sacra del Fushimi Inari.
Essendo stata io a decidere i luoghi da visitare durante il viaggio, mia sorella mi aveva accompagnato quasi inconsapevole di cosa stava andando a vedere. Poche mete erano chiare nella sua mente e una di questa era proprio il Fushimi Inari.



Potete ben immaginare con che stato d'animo ha iniziato quella ventesima giornata in Giappone, quando dopo essersi svegliata con l'occhio ancora più gonfio dei giorni precedenti, le ho comunicato che anche se era arrivato il giorno preposto per la visita del Fushimi Inari, non ci saremmo recate al santuario. Almeno non subito.
La ragione di tale scelta è stata dettata da motivi d'orario. C'era un altro tempio che volevo visitare e questi chiudeva già alle 15.00 per cui se fossimo andate al Fushimi Inari di mattina non avrei avuto modo di vederlo. Sto parlando del Sanjusangendo.

© 663highland
Il Sanjusangendo si raggiunge dalla stazione di Kyoto prendendo l'autobus 100 e scendendo alla fermata Hakubutsukan Sanjusangendomae (lo so, un nome più lungo da ricordare potevano trovarlo per una fermata!).
Quando siamo arrivate in stazione per prendere il suddetto autobus abbiamo trovato file chilometriche di persone,  fatte posizionare milletricamente dagli agenti di sicurezza, in modo da salire sui mezzi in perfetto ordine di arrivo e in numero fisso. Da quanta gente c'era, con buona probabilità avremmo dovuto aspettare almeno un'ora solo per prendere l'autobus.

© dreamstime

Mia sorella ha iniziato a guardarmi in cagnesco. Ogni secondo ferma lì era tempo in meno da dedicare al suo adorato Fushimi Inari e visto non aveva idea di cosa fosse questo Sanju-nonsoche non capiva proprio perchè stessimo sprecando tempo solo per andare a vederlo.
Ad un certo punto, non ho capito bene per quale motivo, all'arrivo dell'ennesimo autobus, gli agenti hanno iniziato a far passare avanti tutti coloro che erano diretti al Sanjusangendo. La maggior parte dei presenti era diretta altrove e così in pochi minuti siamo riuscite a salire sul bus anche noi. Una vera fortuna.
Dopo solo due fermate eravamo già arrivate e fatto il biglietto siamo entrate. Abbiamo iniziato la visita facendo un giro dei padiglioni dall'esterno e del giardino, prima di entrare all'interno del tempio.

© Digital Journal
 Ad ogni passo mia sorella diventava sempre più infastidita. Non eravamo andate al Fushimi Inari per visitare quella cosa? Il tempio da fuori sembrava assolutamente anonimo, simile a tanti altri già visti e per cui privo di qualunque interesse.

© Super cheap japan
Arrabbiata come non mai, mi ha seguito all'interno solo perchè avevamo già pagato i biglietti (uno spreco di soldi secondo lei). 
Vedere la sua espressione passare da scocciata a sorpresa e poi conquistata è stata forse una delle sensazioni più appaganti di tutto il viaggio. Sono entrata all'interno guardando la sua faccia prima ancora che la stanza solo per godermi il cambiamento. Sapevo già che nel momento in cui avrebbe varcato la soglia si sarebbe rimangiata tutto quello che aveva detto. In che altro modo si può reagire a tanta bellezza e magnificenza racchiusa in un'unica sala?
1000 statue in piedi raffiguranti Kannon, più una monumentale seduta, riempivano la stanza. Realizzate con legno di cipresso giapponese ricoperto d'oro, rilucevano nell'oscurità dell'ampio padiglione, lungo 120 metri. Davanti ad esse 28 statue di altre divinità erano state poste a protezione della dea.

© Fast Japan

© Miguel Michan

© My Kyoto machiya
Fare foto era proibito, ma forse meglio così, un simile spettacolo andava solo ammirato in silenzio.
Un milione di braccia  rivolte in tutte le direzioni, un numero incalcolabile di mani ognuna sorreggendo un oggetto diverso. Il padiglione principale del Sanjusangendo sembrava interminabile tanto era lungo, eppure è come se fosse finito troppo presto. Costrette ad avanzare per dare spazio ai visitatori dopo di noi, lo abbiamo inseguito con la coda dell'occhio il più possibile per poi lasciarlo andare in un cassetto dei nostri ricordi.

© youinjapan.net

© pinterest

©backpackerlee
Tornate in stazione, ci siamo quindi finalmente dirette a prendere la JR Nara line fino ad Inari, fermata del tanto agognato santuario dai mille torii.
Come il nome stesso lascia intuire il Fushimi Inari è dedicato ad Inari, divinità del riso, dell'abbondanza e del commercio, spesso rappresentato dai suoi messaggeri, le volpi.
E sono proprio le volpi coloro che accolgono i visitatori all'ingresso del santuario e lo accompagnano lungo le scalinate fino a varcare il portale monumentale prima, e la lunga fila di torii poi.
 
 


Tutto il santuario è permeato di un colore rosso vivido tendente all'arancione che fa da contrasto con il colore nero dei tetti, delle rifiniture e degli ideogrammi sui torii. Come in molti altri santuari giapponesi ciò che mi ha colpito di più sono stati i piccoli dettagli inaspettati: le tavolette votive a forma di torii, una piccola lanterna con sopra le sagome di due figure, una foglia d'acero rimasta attaccata per caso.
 



Abbiamo visitato velocemente i padiglioni principali di cui si componeva il santuario e poi ci siamo dirette, dietro spinta di mia sorella, verso l'attrazione più richiesta della giornata.




Rimanere indifferenti davanti a quella fila sterminata di torii è impossibile pure per quelli che Memorie di una Geisha non l'hanno visto. Se si considera che ogni singolo torii è stato eretto in seguito ad una consistente donazione, ciò che mi ha lasciato più sbalordita è stato sicuramente pensare che il santuario era cresciuto assieme alla devozione dei fedeli. Se non ci fossero state così tante persone devote ad Inari, probabilmente questo santuario oggi sarebbe un luogo sacro come tanti altri.


Raccolta tutta la nostra forza di volontà e le nostre energie, abbiamo fatto un respiro profondo, abbiamo unito le mani come si fa prima di una sfida di gruppo per incoraggiarsi a vicenda, e abbiamo iniziato la salita.


La prima parte del percorso era così piena di turisti che anche solo avanzare attraverso i torii risultava difficoltoso. Non c'era un solo angolino libero per superare e proseguire oltre, nè tanto meno ci si poteva fermare per farsi una foto senza catturare nello scatto milioni di altre teste oltre la tua.
L'unica soluzione che abbiamo trovato era quella di fotografare l'esterno del tunnel. Che ne dite? Non sembra non ci sia nessuno?


Bene, eccovi invece la triste realtà. Una ressa.


Se è stato snervante? Chi ha letto i post precedenti ormai mi conosce abbastanza da immaginare che lo è stato. Molto. Tuttavia questa volta avevo un obiettivo. E neanche un milione di turisti che avanzavano in senso contrario al mio mi avrebbero fatto desistere.
Qual'era il mio obiettivo? Raggiungere la cima della montagna. Oltre a scattare una foto dei torii senza nessuno in mezzo. Per cui ho stretto i pugni e ho continuato a salire.
 
 

Il percorso all'interno dei torii era meno regolare di quello che mi aspettassi e alternava salite a piccole discese, strade dritte a curve. Di tanto in tanto compariva una mappa molto generica per darti un'idea del punto del tragitto in cui eri arrivata, ma per quanto mi riguarda è stata solo fuorviante. Più di una volta mi ha illusa di essere quasi alla meta per poi constatare che i torii da oltrepassare per giungere al punto successivo erano molti di più di quelli disegnati.
 

Devo dire che fortunatamente da un certo punto in poi del percorso la quantità di persone presenti ha iniziato a diminuire notevolmente, permettendoci di respirare.
Questo ci ha portato a fare varie fermate durante la salita, al fine di scattare foto per immortalare il luogo e l'impresa. E qui è sorto un grosso problema. Mia sorella ci teneva tantissimo ad avere delle foto nel suo posto dei sogni ma il suo occhio era talmente gonfio da farle odiare ogni scatto. Quindi cosa fare?
Operazione occhio sotto copertura mode on:

Foto in prospettiva

Foto al buio

Foto di spalle
Non vi dico quanto ci abbiamo messo a scattare quest'ultima foto. E quante NG della stessa foto abbiamo sulla scheda SD. Troppe per essere enumerate.
Man mano che continuavamo a salire incontrare nuovi volti diventava sempre più difficile. Di tanto in tanto capitava di incrociare qualcuno che scendeva, ma a salire eravamo rimaste solo noi e un altro gruppetto di persone che di tanto in tanto perdevamo di vista quando ci fermavamo a fare qualche foto e poi recuperavamo quando erano loro a fermarsi per riposare o mettersi in posa.


Molte scalinate e torii dopo abbiamo infine raggiunto un piazzale da cui si godeva di una bella vista sulla città. Era la cima? Neanche per sogno.


Dalla piazza partivano due scalinate di torii verso due direzioni diverse. Come abbiamo appreso da un arzillo vecchietto conosciuto per caso, entrambe le strade portavano alla cima, solo che una seguiva un percorso più lungo.
Ovviamente essendo delle pessime sportive con il senso della sfida inesistente abbiamo scelto la strada breve, accompagnate nella salita dal nostro nuovo amico, il quale ci ha raccontato dilettarsi nel trascorrere tutti i giorni dalla sua pensione facendo su e giù per il Fushimi Inari (davvero complimenti, non credo potrei mai essere tanto tenace).

 

Dopo l'ennesimo gradino e l'ennesimo portale, un altro piccolo spiazzo si è aperto davanti a noi. Delle scale centrali fiancheggiate da lanterne in pietra e due volpi davano accesso, attraverso un ultimo torii, ad un piccolo santuario dedicato a Inari. Trovarselo davanti era quasi emozionante. Certo non quanto il cartello con scritto Top of the Mountain. Avrei potuto piangere. I torii erano davvero finiti. Eravamo arrivate.





Devo dire che, forse per il fatto di esserci fermate spesso a scattare foto lungo il tragitto, la salita mi è sembrata meno faticosa del previsto. Mi aspettavo di arrivare in cima totalmente sfinita e senza fiato, o di non arrivare affatto. Invece mi sentivo contenta ed in forma. Merito forse anche dei 19 giorni di viaggio precedenti passati a camminare e salire scale?
Dopo una piccola pausa passata a riposarci e a scattare foto ci siamo accorte che il sole aveva cominciato a tramontare. Era l'ora di tornare indietro.
 

Stavolta abbiamo deciso di affrontare il percorso lungo, curiose di incontrare nuovi paesaggi e prospettive. Immerso com'era tra gli alberi e con il calare del sole la via del ritorno era quanto di più suggestivo potessimo immaginare.
 

Peccato non sia riuscita a godermela affatto. Percorrere la strada più lunga per scendere dalla montagna è stata la peggiore idea di sempre.
La qui presente difatti, presa dall'euforia di essere riuscita nell'impresa della scalata, si era totalmente dimenticata di un piccolo dettaglio irrilevante. Il suo antico nemico non erano le scale in salita, bensì quelle in discesa.
Al buio, senza un corrimano dove appigliarsi, la sensazione di vertigine e di annebbiamento della vista davanti a un numero infinito e spropositato di gradini tutti uguali è stata terribile. Davvero non so come ho fatto ad arrivare in fondo senza cadere. Ero terrorizzata.
  

Mia sorella saltava gradini a piè pari e io volevo solo che qualcuno venisse con un elicottero a prelevarmi. 
Continuavo a fermarmi con la scusa di scattare delle foto dei torii che sul retro presentavano gli ideogrammi dei nomi dei donatori, solo per contrastare la sensazione di vertigine che si faceva più forte ad ogni scalino.


Credo di aver davvero snervato mia sorella con la mia lentezza ma alla fine, in qualche modo, siamo arrivate ai piedi della montagna.
Nonostante questo ripercorrerei quei mille torii altre mille volte. La sensazione che si prova a trovarsi lì, percorrendo quelle che sembrano le tante code di fuoco di quella maestosa volpe che è il Fushimi Inari, è qualcosa che sa di magia ed è difficile da descrivere.
Ecco magari la prossima volta partendo all'alba per non incontrare tanti turisti e noleggiando un elicottero per il ritorno.

Se volete saperne di più sui luoghi visitati passate a leggere gli approfondimenti:
Sanjusangendo

Per i post precedenti sul viaggio in Giappone cliccate qui

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Al prossimo post!


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