Giorno 3: Beitou, una giornata giapponese


Sin dal primo istante in cui avevo messo piede a Taiwan una sensazione straniante mi aveva pervaso.

La grande città, la metro pulita, ovunque volti orientali, Jessica al mio fianco. Ero davvero in un altro Paese o mi trovavo ancora in Giappone? 

Seppur consapevole di essere a Taipei, una parte di me non riusciva a convincersi del cambiamento, la stessa parte di me che si ostinava a rivolgersi alla cameriera o al bigliettaio di turno in giapponese, per poi sistematicamente stupirsi nel non essere compresa, e rinsavire ricordandosi di non essere più a Tokyo.

Dopo il ramen del giorno prima, mi ero ripromessa che quella sarebbe stata la mia ultima azione giapporiferita e che da quel momento in poi mi sarei immersa totalmente nella cultura taiwanese. 

Bello porsi degli obiettivi. Peccato che dopo aver sentito da Jessica la meta in programma per quella terza giornata, l'ultimo boccone di jiucai hezi che stavo mangiando per colazione, è affogato nel latte di soia insieme ai miei buoni propositi. Arturo ci portava a Beitou, il quartiere giapponese di Taipei.

Colazione con latte di soia e Jiucai hezi (una specie di raviolone saltato in padella con all'interno porro, uovo e tofu)

Beitou è il distretto più a nord di Taipei e famosa zona termale. La cultura degli onsen fu introdotta in questo luogo dai giapponesi durante l'occupazione di Taiwan, per cui tutt'ora si nota come questa zona abbia una forte caratterizzazione nipponica.

Come prima tappa abbiamo deciso di fare una sosta alla biblioteca pubblica di Beitou. Questa biblioteca è stata il primo edificio di Taiwan a ricevere la certificazione di "Edificio Verde".


Appositamente collocato in una zona verde lussureggiante e costruito in legno e ferro, fa uso di portefinestre e luce naturale per fondersi con l'ambiente circostante. Sembra quasi un'enorme casa sull'albero. 

La sua architettura è stata pensata per essere il più ecosostenibile possibile. Il tetto è ricoperto da pannelli solari, mentre il design verticale della ringhiera del balcone è stato creato per conservare energia riducendo la quantità di radiazione che entrano nell'edificio. Un sistema di drenaggio collocato sul tetto permette di riutilizzare l'acqua piovana per innaffiare le piante e tirare lo sciacquone del bagno della biblioteca. Una pittura ecologica è stata infine utilizzata per dipingere la struttura, in modo da non rilasciare tossine nell'ambiente circostante.

Ho trovato l'ambiente interno assolutamente accogliente e rilassante. Fa venire voglia di restare. Prendere un buon libro tra le mani e prendersi una pausa dal mondo.


Mentre eravamo in biblioteca ha iniziato a piovere. Abbiamo deciso così di posticipare la visita alle terme vere e proprie e di andare a visitare il museo dedicato alle terme di Beitou.

Sebbene la struttura esterna avesse un'architettura più europeggiante, appena messo piede all'interno tutto gridava Giappone.

Il museo riproduceva un antico e tipico centro termale giapponese. All'ingresso abbiamo lasciato le nostre scarpe all'interno degli armadietti in legno e indossato le ciabatte. Ogni armadietto  veniva chiuso estraendo la chiave, un blocchetto in legno numerato da portare con sè durante la visita.

La prima stanza, con pavimento in tatami e vista sulla precedentemente visitata biblioteca, era la sala comune in cui gli ospiti del centro termale erano soliti rilassarsi dopo i trattamenti, magari bevendo latte per recuperare le energie.

 


Attraverso una scala in legno si accedeva al secondo piano dove si trovavano diverse tipologie di vasche termali, comuni e per uso privato.

 


Video esplicativi e campioni illustravano le caratteristiche del terreno e dell'acqua termale di Beitou, mentre in alcune teche si conservavano indumenti e utensili tipicamente in uso nei centri termali.



Le terme in Giappone, oltre che per i comprovati benefici fisici, sono considerate utili soprattutto per rilassare mente e corpo. Entrando nudi tutti insieme nella vasca, si torna quasi ad un equilibrio primordiale, in cui non esistono status sociali nè gerarchie, ma si è tutti uguali.

Abbiamo aspettato la fine della pioggia seduti sul tatami della sala comune, ma visto non accennava a diminuire, ci siamo armati di ombrelli e abbiamo cominciato la passeggiata in direzione dell'onsen vero e proprio.

La valle termale di Beitou è di origine vulcanica, camminando per la strada non è raro notare la fuoriuscita di vapori dal terreno, in corrispondenza dei corsi d'acqua.

A Beitou è possibile trovare ben 3 diverse tipologie di sorgenti termali, di cui due particolarmente rare e per questo considerate quasi miracolose.

La più famosa è la Sorgente termale di zolfo verde, così chiamata per il colore delle sue acque che ricordano le pietre di giada. Le sue acque raggiungono la temperatura di 50-75 gradi celsius e si pensa siano in grado di curare le malattie della pelle, la gotta, i reumatismi e alleviare l'esaurimento. La sua fama è dovuta anche alla sua rarità. Oltre a Beitou, l'unico altro posto in cui ci si può immergere in questo tipo di acque, è in Giappone, nella città di Akita.


La Sorgente termale di ferro rosso è quella più comune, presenta acque chiare e ha una temperatura che si aggira intorno ai 40-60 gradi celsius. Consigliata per alleviare le infiammazioni e lo stress.

Infine la Sorgente termale di zolfo bianco è anch'essa estremamente rara. L'unica altra esistente, oltre che a Beitou, si trova in Giappone, nella regione del Kansai. Si tratta di acque contenenti acido solfidrico, per cui caratterizzate da un aspetto e colorazione lattiginosa e dall'inconfondifile odore di uova marce. La sua temperatura si aggira intorno ai 45 gradi celsius ed è nota per essere un toccasana per la cura di ulcere, diabete, malattie del fegato e malattie croniche della pelle.

 

Il caldo e l'umidità pazzesca, dovuta anche alla pioggia, nella zona delle sorgenti termali, ci hanno fatto decidere di non proseguire oltre nella visita e di dirigerci piuttosto alla ricerca di un locale dove pranzare.

Dopo essersi informata sui miei pasti del giorno precedente, Jessica si era mostrata esterefatta e aveva deciso di prendere la situazione in mano, trascinandomi alla scoperta del vero cibo locale.

Jessica e Arturo

Abbiamo pranzato in un ristorantino minuscolo e spoglio, uno di quelli dove l'estetica conta ben poco ma di sostanza ce n'è tanta, soprattutto per quel che riguarda il cibo. Abbiamo ordinato la specialità del locale, il niurou mian, il ramen di manzo tipico di Taiwan. Un sapore insolito rispetto al ramen giapponese a cui ero abituata ma che mi è piaciuto moltissimo.

 

Accontentata la pancia, ci siamo diretti nuovamente in zona "casa di Jessica", o per essere più specifici al vicino centro commerciale, dove lei e Arturo mi hanno lasciato, in quanto avevano alcuni impegni da sbrigare, prima della cena con gli ex colleghi di lavoro, organizzata per la sera. 

Ho passato così le restanti ore del pomeriggio facendo un giro tra i negozi e sorseggiando tè al cafe-libreria del centro commerciale, tra una pagina e l'altra di un libro di cui adesso mi sfugge il titolo.


La cena con gli ex colleghi di Arturo e Jessica era in un quartiere moderno e lussuoso, pieno di grattacieli altissimi ed estremamente pulito. Constatare come a Taipei, la differenza tra un quartiere povero e uno ricco fosse così abissale in termini igienico-sanitari mi ha davvero scioccata. 

Taiwan è un paese dove il ceto medio praticamente non esiste e c'è un distacco netto anche tra le fascie di prezzo in base alla zona. Per fare un esempio pratico, per lo stesso pasto si può passare dallo spendere 5 euro in un quartiere povero, allo spenderne 100 in uno ricco. Non ci sono ristoranti che propongono una fascia di prezzo intermedia.

La cena era stata organizzata presso uno dei più lussuosi ristoranti di Taipei di cucina tradizionale e totalmente pagata dal capo dell'azienda per cui Jessica e Arturo avevano lavorato fino a qualche anno prima.

Se da un lato mi sentivo estremamente fortunata, perchè un tale lusso non sarei mai più riuscita a permettermelo nella vita, dall'altro devo ammettere anche un pochino di soggezione e disagio, nell'essere la sola straniera ad un tavolo circondata da persone molto più grandi e facoltose di me.

Ad ogni modo la cena è stata imbastita su un'ampia tavola con un comparto girevole al centro, utile a passarsi i piatti o il tè caldo. I piatti sono stati serviti tutti contemporaneamente e divisi tra gli ospiti, come da tradizione.

 

Ecco quello che abbiamo mangiato:

 

Riso alla cantonese con frutti di mare

Ravioli di porro e gamberetti

Panini cotti al forno ripieni di maiale condito con salsa barbeque

Tortino cotto a vapore e poi fritto di ravanello e riso

Ravioli di carne al vapore

Saccottino biscottato al sesamo ripieno di carne di maiale

Il maiale viene fatto a dadini e fritto insieme a cipolla e peperoni in una salsa di fagioli dolci e portato in tavola separato dal biscotto al sesamo che altrimenti perderebbe fragranza

Zucca "sabbia dorata" marinata con turlo di uova d'anatra e fritta

Anatra

Latte di mandorla e youtiao (pane fritto) per dolce

Seppure alcuni sapori li ho trovati insoliti, devo dire di aver apprezzato tutto. Molti piatti avevano un gusto dolce-salato che a me piace molto. Inoltre ho avuto modo di conoscere persone nuove, che per quanto lontane da me per interessi e stili di vita, mi hanno permesso di allargare un pochino di più il mio mondo.

La giornata si è conclusa di nuovo davanti al 101, stavolta brillante della sua luce gialla.

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