Giorno 16: Kanazawa, il giardino dei sei elementi


La nostra giornata a Kanazawa è iniziata con una sveglia che suonava alle 5.00 del mattino, mia sorella che si rigirava nel letto implorando di dormire ancora un pò e io che tentavo di scuoterla per farla alzare.  Eravamo esattamente a metà viaggio e la stanchezza iniziava a farsi sentire, eppure avevo come la sensazione di aver appena iniziato, le mie energie erano alimentate ogni giorno dalla voglia di vedere e scoprire nuovi posti.  Ma a quale scopo svegliarsi così presto?  Diciamo che oltre alla voglia di esplorare, quel giorno mi spingeva anche una buona dose di tirchieria.
Avevo scoperto, infatti, che il Kenrokuen, quello che è considerato tra i tre giardini più belli del Giappone, il cui consueto orario di apertura era alle ore 8.00 e comportava l'acquisto di un biglietto, era in realtà accessibile gratuitamente a partire dalle ore 6.00 fino a 15 min prima dell'orario di apertura regolare.
 

Non è che il costo del biglietto fosse eccessivo, tutt'altro, ma considerando la durata del nostro viaggio volevo cercare di risparmiare ove possibile. Prima di partire mi ero posta un budget limite che non avevo nessuna intenzione di sforare, per cui se avevo la possibilità di vedere un luogo che desideravo gratuitamente solo alzandomi prima,  non vedevo il motivo di pagare il biglietto.
Riuscire però a convincere mia sorella, che la mattina per andare all'università alle 9.00 punta almeno 10 sveglie,  della validità della mia proposta non è stata impresa facile.
Alla fine tra varie tirate di lenzuola, attese al bagno, doccia, trucco e parrucco abbiamo lasciato l'hotel che erano già le 6.30. Potete immaginare il mio fastidio. Considerando che ci volevano ben 20 min per arrivare dal nostro hotel al giardino mi restavano solo 45 min per la visita e non avendo idea di quanto grande fosse effettivamente il posto non riuscivo a capire se quel tempo fosse sufficiente o meno. Nel dubbio avevo già messo su uno sguardo di rimprovero nei confronti di mia sorella, perchè si iniziasse a sentire in colpa qualora non fossimo riuscite a vedere tutto.
Giunte all'ingresso siamo subito state braccate da un sorvegliante, un vecchietto smilzo con i capelli bianchi e una divisa blu con berretto, che continuava a ripeterci che alle 7.45 dovevamo essere fuori. Gli abbiamo detto più volte che lo sapevamo e che all'orario saremmo uscite, ma lui continuava imperterrito, forse spaventato che non lo capissimo. Eravamo in effetti le uniche straniere in visita a quell'orario e gli altri presenti sembravano quasi tutti vecchietti che erano lì per la passeggiata mattutina o atleti mancati, malati di jogging.


Abbiamo iniziato la visita con il sorvegliante che ci veniva dietro. Malfidato, chissà cosa pensava potessimo mai fare. Oppure aveva paura che ci perdessimo? In ogni caso ci ha seguito a vista per una ventina di minuti buoni, poi forse rassicurato delle nostre intenzioni, nonché del nostro senso dell'orientamento, si è dileguato lasciandoci finalmente sole.
Nonostante la pioggerellina incessante i colori autunnali del Kenrokuen erano davvero stupendi e ci hanno subito conquistato.


Il nome Kenrokuen significa letteralmente "giardino dei sei elementi combinati". Questo nome fu deciso nel 1822 sulla base del libro Rakuyo Meienki, un classico cinese sul famoso giardino di Luoyang. Il Kenrokuen difatti fu realizzato unendo tre coppie di elementi contrastanti: spaziosità e isolamento, artificio e antichità, cascate e panorami.
Abbiamo iniziato la visita dal fondo del giardino dove si trovava il lago Kasumigaike con la sua famosa lanterna detta Kotojitoro perchè le sue gambe ricordano il Koto, uno strumento musicale simile a una cetra.


Una delle cose che ci ha più colpite è stata la presenza di delle funi poste a formare come dei coni su alcuni pini. Questa immagine è una delle più caratteristiche del Kenrokuen, la si trova molto spesso su internet cercando informazioni su questo giardino, per cui all'inizio credevo avessero solo una funzione estetica. Ho poi scoperto che non è così.


Sembra infatti che nel giardino si trovi un pino cresciuto da un seme che il tredicesimo lord del clan Kaga fece arrivare da Karasaki nella provincia di Omi. Trattandosi quindi di un esemplare particolarmente pregevole per evitare danni all'albero, soprattutto nel periodo invernale, quando era più esposto alle forti nevicate, sono state realizzate quelle strutture coniche dette yukizuri.


Abbiamo proseguito la visita incrociando vari altri laghetti e lanterne e attraversando diversi ponticelli per passare da una zona all'altra del giardino. 





Nonostante il brutto tempo non contribuisse a valorizzare i colori del giardino, sono comunque riuscita ad apprezzarlo molto. Mi è piaciuto il contrasto tra certe zone con alberi dalla forme perfettamente indirizzate dai giardinieri, ad altre lasciate appositamente meno curate dove il muschio era libero di avanzare.

I giardinieri




Mi è piaciuto molto camminare per il giardino, scoprendo passo passo piccoli scorci inaspettati, edifici e monumenti che spuntavano fuori tra la vegetazione, cascatelle e piccoli ponti. Ho amato soprattutto il modo in cui gli alberi si duplicassero specchiandosi sulla superficie dei laghi e le foglie che al loro cadere formavano dei coloratissimi tappeti.




Mentre passeggiavamo tra le foglie cadute abbiamo incrociato i primi stranieri, una coppia di corridori in tuta fosforescente che si sono fermati a salutarci. Poco fisionomista come sono, l'incontro mi ha lasciato interdetta per qualche secondo, per fortuna mia sorella è più dotata di me in questo campo. Si trattava di due giovani sposi in vacanza che avevamo conosciuto la sera prima in hotel e con cui avevamo scambiato qualche parola in ascensore.
A parte il fatto che se fossi stata in vacanza con mio marito l'ultima cosa che mi sarebbe venuta in mente era di alzarmi presto per andare a correre, ma questo perché io e lo sport non ci stiamo molto simpatici a vicenda, devo comunque dire che nonostante tutt'ora non riesca assolutamente a mettere a fuoco le loro facce, mi è rimasto davvero un bel ricordo di loro due.


Giunto ormai l'orario stabilito, ci siamo dirette verso l'uscita. Ad attenderci abbiamo trovato di nuovo il sorvegliante ma questa volta con un sorriso a 32 denti e occhi nuovi, ricolmi d'orgoglio e benevolenza. Ci ha affiancato tutto contento, raccontandoci un pò di Kanazawa, del vicino castello, consigliandoci altri luoghi da visitare e spiegandoci come arrivarci.


Ci siamo così dirette come da lui suggerito al castello di Kanazawa. Costruito nel 1580 per ordine di Oda Nobunaga, il castello fu la residenza per ben 14 generazioni, fino al 1869, del clan Maeda. In seguito venne utilizzato come deposito per le armi fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale e poi fino al 1995 come campus dell'Università di Kanazawa.


Abbiamo avuto accesso al castello dall'Ishikawamon. Tutte le mura e gli edifici che componevano il complesso erano state realizzate in legno, ma purtroppo ben poco era visitabile anche all'interno.

 

L'elemento sicuramente più interessante da vedere è stato il giardino Gyokusen'inmaru, il cui nome deriva da quello della moglie di Toshinaga, il secondo daimyo che governò sulla città. Ho amato il modo in cui è stato concepito come all'interno di una conca e l'intreccio di scale realizzato per raggiungere il laghetto centrale con i suoi ponticelli e la casa da tè vicina. Forse perchè quando siamo arrivate non c'era nessun altro, ho subito associato quel posto all'immagine della tranquillità, una piccola oasi di pace dove sorseggiare tè, mangiare dolcetti e dimenticarsi del tempo che passa.



Con una breve passeggiata a piedi abbiamo poi raggiunto il santuario Oyama dedicato a Maeda Toshiee, fondatore del suo clan. Per la nostra solita regola che ormai ci tenevamo a rispettare, siamo riuscite anche questa volta ad entrare dall'uscita. Abbiamo visto il torii d'accesso solo dopo aver fatto il giro di tutti gli edifici che componevano il complesso ed aver attraversato il grazioso giardino retrostante il santuario.


Statua di Maeda Toshiee



L'ingresso presentava un portale in uno stile decisamente eclettico, ma che a mio avviso cozzava con tutto il resto. Un mix tra tetti in stile cinese e vetrate caratteristiche delle chiese europee. Vederlo comparire dietro il torii era proprio fastidioso alla vista.


Essendo ancora molto presto non c'era anima viva in giro, abbiamo intravisto una sacerdotessa ma è scomparsa subito dopo all'interno di uno degli edifici.


Una bancarella di taiyaki (dolcetti a forma di pesce) se ne stava lì già piazzata ma con le tende abbassate. Mi sono chiesta come fosse possibile che dopo due settimane in Giappone non eravamo ancora riuscite a mangiare un taiyaki, ma anche questa volta sono rimasta solo con la voglia.


Ci siamo spostate quindi al vicino quartiere Nagamachi, il distretto dove risiedevano i samurai al servizio del clan Kaga.
Mi aspettavo di ritrovarmi in un quartiere tradizionale, invece solo pochissimi edifici conservavano integro questo aspetto, per il resto si trattava di una comunissima via come tante altre, dove ogni tanto tra le case in cemento ne spuntava una in legno.



Ciò che non avevo tenuto in considerazione era che con la Restaurazione Meiji, i samurai avevano perso totalmente il loro ruolo e la loro importanza politica, per cui insieme al loro status erano state distrutte anche le loro case.
L'unica testimonianza del loro stile di vita, ancora presente a Kanazawa ed aperta al pubblico, è la casa del samurai Nomura Denbei Nobusada, un seguace di Toshiee Maeda.


La casa di questa ricca famiglia di samurai si è conservata solo in parte grazie a Kubo Hikobei, un industrale che l'acquistò, mantenendo intatto il giardino e apportando alcune modifiche alla struttura, tra cui l'aggiunta della Jyodan no ma, la stanza del disegno. Attualmente l'edificio è stato trasformato in una casa museo.
 
 



Mi sono piaciuti particolarmente i fusuma decorati da Sasaki Senkei con motivi naturalistici come piante, fiori e animali e ci siamo godute una pausa rilassante sedute ad ammirare il giardino giapponese con la varietà dei suoi alberi, i suoi ponticelli, le sue lanterne e il laghetto con le carpe giganti.

 


Avendo fatto colazione molto presto, alle 12.00 stavamo già morendo di fame e visto eravamo già  riuscite a vedere buona parte delle attrazioni previste per la giornata, mi sono detta che potevamo anche fare una deviazione di percorso e raggiungere appositamente il mercato del pesce solo per pranzare. Di tempo ne avevamo in abbondanza per cui abbiamo deciso di andare a piedi.


Il mercato del pesce di Kanazawa si chiama Omicho market e ci ha sorpreso per la varietà e la freschezza dei suoi prodotti. Una quantità di pesci così diversi e talmente freschi che sembravano ancora muoversi, enormi granchi dalla corazza spessa, ostriche così grandi come non ne avevo mai viste prima. In alcune bancarelle era possibile anche acquistare prodotti a base di pesce o estratti da esso, oppure pesce fresco già pronto da mangiare subito.





                                                                Una bancarella che vende colla di pesce
Addirittura una bancarella vantava l'autorizzazione a poter vendere pesce palla. Per chi non lo sapesse, questo pesce è considerato molto pregiato e un sashimi di pesce palla (fugu in giapponese) può costare anche 120 euro. Allo stesso tempo si tratta di un pesce estremamente velenoso e se non trattato a dovere al momento della pulitura può causare la morte di chi lo ingerisce, per questo motivo per poterlo vendere o proporre come piatto del proprio ristorante bisogna ottenere delle autorizzazioni e certificazioni di qualità.


Oltre al pesce il mercato offriva anche molti altri prodotti, tra cui sottaceti, salsa di soia e verdure. Queste ultime erano talmente perfette che sembravano state accuratamente selezionate e poi lucidate prima di essere poste sul bancone. Non ce n'era una marcia, cosparsa di terra o con una forma vagamente irregolare. Non credevo che nella mia vita sarei mai rimasta a bocca aperta davanti a un banco di verdura, ma è successo anche questo. Continuavo a fissare i cetrioli, poi i cavoli, mi spostavo alle rape e poi ai broccoli in cerca di qualche difetto, ma no, più le fissavo, più mi sembravano riproduzioni in plastica  e più mi stupivo che non lo fossero.



Abbiamo continuato il giro per tutto il mercato al fine di individuare il ristorante con il prezzo più basso e infine ci siamo decise per uno che aveva dei donburi (ciotola di riso in bianco ricoperta di sashimi) invitanti a prezzi contenuti.
Il ristorante era quasi pieno e la signora che ci ha accolto ci ha subito comunicato che l'unico posto al momento disponibile era su un piano che prevedeva di lasciare le scarpe all'ingresso.
In Giappone succede spesso che per entrare in molti templi, santuari o case tradizionali bisogna togliersi le scarpe, ma nei ristoranti non ci era ancora capitato. Si è trattato comunque di un'esperienza nuova e divertente da fare.



Una volta sedute, abbiamo ricevuto una tazza di tè verde fumante e abbiamo fatto la nostra ordinazione: due set, uno con donburi di sashimi misto e l'altro con donburi di sashimi di salmone di diversa qualità e preparazione, che ci saremmo divise per assaggiarli entrambi, il tutto accompagnato con zuppa di miso e gelatina per dessert. 
Quando la signora ha infine posto i vassoi con le nostre ordinazioni sul tavolo mi sono quasi venute le lacrime agli occhi e il mio animo è stato mosso da singulti nel momento in cui le mie orecchie hanno percepito suoni di trombe e cori angelici che intonavano inni di gratitudine per la creazione di cotanta meraviglia.
Con mani tremanti ho scattato una foto, perchè non avrei mai trovato parole adatte per descrivere quello che i miei occhi vedevano, era talmente bello che a mangiarlo sembrava di commettere un crimine, ma allo stesso tempo tanto invitante che la mia bocca sembrava aver avuto un improvviso attacco di scialorrea.


Vi dico solo che nel momento in cui mia sorella ha visto il suo donburi con sashimi misto ha deciso che non lo avrebbe condiviso con nessuno. 
Le fette di pesce erano talmente grandi che strabordavano dalla ciotola e talmente fresche che sembravano sciogliersi in bocca. Non è stato solo un pranzo ma un'esperienza sensoriale.



La zuppa di miso accompagnava perfettamente il pesce e ho amato persino la gelatina che mia sorella ha fatto gentilmente duplicare sul mio vassoio rifiutandosi di provarla. Che gusto aveva? Permettetemi la citazione da un grande classico: viscida... ma saporita!


Inutile dirvi che questo pranzo si è aggiudicato il primo posto nella mia personale classifica dei piatti più buoni mangiati in Giappone.
Lasciato il mercato, ci siamo dirette verso la prossima meta, sempre rigorosamente a piedi. La passeggiata sta volta è stata un po' più lunga ma ci ha infine portati al quartiere Higashichaya, il distretto delle case di piacere e quindi dove risiedevano le geishe. Proprio grazie a questo quartiere Kanazawa si è meritata l'appellativo di "piccola Kyoto".


Diversamente da Nagamachi, questo quartiere aveva mantenuto intatto il suo aspetto tradizionale. Molte delle case in legno (chaya) che si caratterizzavano per la presenza delle grate al piano terra, erano state trasformate in negozi di souvenir,  ma altre avevano mantenuto il loro aspetto originale anche all'interno.


Abbiamo fatto prima un giro tra i negozietti alla ricerca di un servizio da tè che nostra madre aveva espresso il desiderio di ricevere, ma i prezzi erano troppo alti e abbiamo desistito. Abbiamo poi visitato una chaya in cui si poteva entrare gratuitamente. Ci hanno accolto dei signori davvero gentili che ci hanno dato tante informazioni, ma all'interno era possibile vedere solo la struttura, niente dell'arredamento si era conservato.

 


Abbiamo infine fatto tappa alla Shima house, un'altra chaya che però ha mantenuto, non solo l'arredamento tradizionale,  ma anche molti oggetti utilizzati dalle geishe durante le loro esibizioni, come strumenti musicali, servizi per offrire il tè agli ospiti e pettini e altri oggetti usati per acconciarsi.

 





All'interno era possibile anche degustare del tè verde matcha accompagnato da un dolcetto. Questa tipologia di tè è di un colore verde vivace e si serve in tazze grandi. Il sapore è abbastanza amaro per questo va accompagnato da un dolce tradizionale, di solito un wagashi, oppure da degli zuccherini (che comunque si mangiano a parte, non buttateli dentro alla tazza).


Esistono diverse tipologie e forme di wagashi che spesso si associano alle stagioni, quello che ho preso io ricordava i colori e la forma delle foglie d'acero in autunno, mia sorella invece che non ama molto i dolci tradizionali giapponesi, ha preferito prendere gli zuccherini, anche questi molto carini.



Lasciato il quartiere Higashichaya, ci siamo dirette nuovamente nel quartiere in cui si trovava il nostro hotel.
Avevamo scoperto, passando la sera prima e poi la mattina, che lì vicino c'era una via pedonale piena di negozi, per cui abbiamo pensato di farci un giro prima di tornare in hotel. Siamo entrate all'Animate, un negozio che vendeva gadget relativi ad anime e manga.

© Gameslayer Corps
Avevamo già visitato questa catena a Tokyo ma devo dire che mi aveva molto delusa perché ho dovuto ammettere che quasi tutto ciò che vendevano mi risultava totalmente estraneo. Scaffali e scaffali di gadget e io non riconoscevo nemmeno un personaggio di anime o manga raffigurato. Effettivamente devo ammettere di essere ormai fuori dal giro da un po', ma non riconoscere niente mi metteva tristezza e mi faceva sentire vecchia. Da questo punto di vista l'Animate di Kanazawa mi ha fatto tornare un po' il sorriso. Certo anche qui c'erano scaffali e scaffali di roba sconosciuta, ma vedere spuntare dal nulla il cd dei KoD, mi ha completamente risollevato l'umore. Almeno qualcuno si era ricordato di produrre del merchandising su Digimon  in vista dell'uscita della serie Tri.


Un altro negozio che ci è molto piaciuto vendeva vari utensili da cucina, tra cui anche molti servizi da tè, sia di stile orientale che occidentale e con design sia moderno che antico. Ci abbiamo perso dentro delle ore per trovare il servizio da tè per nostra madre.  Alcuni servizi avevano dei prezzi molto alti, soprattutto quelli in stile occidentale, altri set invece avevano dei prezzi davvero contenuti rispetto a quelli di Higashichaya. Tra le cose dal prezzo più contenuto c'erano dei set componibili a piacere. Abbiamo provato a comporre un set con i vari pezzi a disposizione, ma mancava sempre qualcosa per cui anche in questo caso abbiamo dovuto lasciare il negozio senza il regalo promesso. In compenso abbiamo acquistato alcune cocottine davvero graziosissime, da regalare a parenti vari.

© MTC Kitchen
Esauste, abbiamo comunque deciso di andare a cercare un posto per cenare, spaventate che se avessimo messo piede nella nostra camera d'hotel, non saremmo più state in grado di uscire e avremmo finito con il saltare la cena.
Avevo letto che c'era un posto abbastanza popolare a Kanazawa che era consigliato praticamente su qualunque guida o blog, e la cui specialità era l'oden, un piatto fatto di vari ingredienti cotti all'interno di un brodo a base di tonno essiccato e alghe. Visto non ci era ancora capitato di mangiare questo piatto tipico, abbiamo deciso di provarlo.

© Tokyo Zebra
 Nonostante non fosse molto tardi all'ingresso del ristorante c'era già abbastanza fila. Quando finalmente è toccato a noi, una gentile signora ci ha fatto accomodare ad un bancone e ci ha portato i menù. In pratica bisognava scegliere cosa mangiare tra una lista di ingredienti raggruppati per prezzi. Se non ricordo male si potevano prendere un massimo di 4 ingredienti alla volta, e una volta terminato si poteva fare un nuovo ordine, ma magari mi sbaglio.
La maggior parte delle cose scritte sul menù non avevo la più pallida idea di cosa fossero per cui, visto era la nostra prima volta, la signora ci ha proposto se volessimo far scegliere a lei in modo da assaggiare le cose migliori. 
Non sapendo cosa ordinare ho finito con l'accettare, mia sorella invece molto più sicura di me, ha deciso di scegliere da sè. Aveva visto che c'era del polpo e degli shao mai e non voleva rinunciarci per nessun motivo al mondo.


Poco dopo i piatti con dentro degli spiedini degli ingredienti ordinati sono arrivati. Nel mio c'era una patata bollita, una frittata, due polpette di pesce e un inarizushi (riso rivestito di tofu fritto). Devo ammettere che la scelta della signora mi ha lasciato molto perplessa. Patate bollite e frittata erano le loro specialità?


Devo dire che tutti gli ingredienti avevano più o meno lo stesso sapore, quello del brodo in cui erano stati bolliti, e il brodo sapeva sostanzialmente di acqua, il sapore era talmente blando che quasi non si percepiva. Ho chiesto a mia sorella se con la sua scelta di ingredienti avesse avuto più fortuna, ma anche lei mi ha confermato che tutto aveva un sapore acquoso. 
Terminati i nostri piatti non ci sentivamo molto soddisfatte e avevamo ancora fame. Gli altri commensali al bancone continuavano a fare ordini su ordini e noi continuavamo a guardarci perplesse. Solo con il piatto che avevamo mangiato avevamo già speso 20 euro di totale, aveva senso ordinare dell'altro anche noi se non c'era piaciuto niente? Avremmo finito con lo spendere tanto rimanendo comunque insoddisfatte.
Ma cosa ci avevano trovato tutti gli altri di così straordinario in questo ristorante?


Abbiamo deciso che l'oden non faceva per noi e che la cosa migliore per colmare la fame e salvare il portafoglio era passare dal fidato conbini.

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