Giorno 26 parte 2: Osaka, il fascino del bizzarro

© 2BackPack

Se il soggiorno sul Koyasan era stato un modo per riposare e ritrovare se stessi, quando la Nankai Koya line ci ha depositate alla stazione Namba di Osaka mi sono sentita un po' come Alice che precipita nel Paese delle Meraviglie.
Passare dal silenzio e l'austerità dei templi al chiasso e alla confusione della città è stato assolutamente straniante. Ancora di più trattandosi di Osaka. Questa città ha la capacità di stupire ad ogni vicolo. Ad Osaka tutto è assurdo e niente è come sembra.
 
© The culture map
Sapendo di avere a disposizione solo quella mezza giornata da dedicare alla città ed essendo ancora molto affamate (avevamo pranzato solo con un gelato di cui non avevamo sentito neppure il sapore, ci aveva solo congelato la lingua!) ho deciso che avrei portato mia sorella alla scoperta di tutti i posti più bizzarri della città, scovati durante le mie peregrinazioni su web, e il pranzo lo avremmo fatto strada facendo, quando avremmo incontrato un posto che ci ispirava.
La prima tappa del tour si chiamava Namba Yasaka Jinja e si trattava di un santuario. Se vi state chiedendo cosa ci potrà mai essere di bizzarro in un luogo religioso, continuate a leggere e lo scoprirete presto.


Dalla stazione il santuario doveva distare una decima di minuti, ma non so bene se a causa della stanchezza o semplicemente perchè abbiamo sbagliato strada, arrivare ci è costato tantissimo tempo, o almeno questo è quello che mi ricordo.
Il santuario sembrava lontanissimo, continuavamo a camminare ma non arrivavamo mai. Le strade erano ampie e asfaltate, a volte presentavano dei marciapiedi con aiuole verdi, altre solo una striscia a terra per il passaggio pedonale.

© EAT
Abbiamo attraversato una via commerciale al chiuso. Posizionato davanti ad uno dei negozi un uomo con un carrellino ci ha fatto segno di avvicinarci. Stava lì a preparare takoyaki (palline ripiene di polpo cotte alla piastra, specialità di Osaka), ma non doveva vedere clienti da un pezzo, la via era quasi deserta. Ci siamo lasciate convincere visto era un piatto che non avevamo ancora provato da quando eravamo lì, e ne abbiamo comprato uno da dividere per fare uno spuntino, in attesa del pranzo vero e proprio.


Al primo morso mi sono quasi bruciata la bocca. Erano ustionanti ma buonissimi.
Abbiamo proseguito fino a raggiungere un piccolo parco le cui aiuole presentavano enormi vasi di fiori e casette in miniatura.



Un vecchietto se ne stava seduto su una panchina pensieroso appoggiato al suo bastone. Siamo rimaste a fissarlo per un pezzo. Ma era una statua o una persona? La foto non rende, ma era una statua talmente reale, soprattutto per l'espressione del viso, che avevamo paura di disturbare ad avvicinarci nel caso si fosse trattato di una persona vera.


Dopo tanto peregrinare, siamo infine arrivate in vista del santuario, circoscritto all'interno di un giardino con mura di pietra. Un torii ne segnalava l'accesso. La reazione di mia sorella non ha tardato a manifestarsi: "Ma che roba è?".


Un enorme testa di leone era stata costruita all'interno dell'area sacra (a me all'inizio sembrava più un drago, ma mi sono informata, è un leone!). All'interno della sua bocca si trovava il palco sul quale venivano svolte le celebrazioni e i festival organizzati dal santuario.



Ora ditemi voi, avete mai visto una cosa più assurda e pacchiana? Sembrava roba da vecchio parco divertimenti, non da edificio sacro. Il leone presentava addirittura enormi denti e all'interno degli occhi delle lampadine che venivano accese durante i festival.

Noi che fingiamo terrore mentre il leone sta per divorarci (anche se mia sorella sembra star più sbadigliando 😅)
Accanto al palco si trovava il santuario vero e proprio con le sue lanterne appese e i leoni a guardia dell'ingresso, mentre la statua di un cavallo dava accesso al giardino sul lato opposto.






Alla sua costruzione questo santuario comprendeva molti più edifici ma in seguito alla restaurazione Meiji e poi ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale fu distrutto e ricostruito solo in parte.
Nelle vicinanze del santuario si trovava anche un piccolo ristorante che nonostante l'orario (saranno state le 16.00) era ancora aperto. Saremmo potute andare a pranzo lì, ma tra i takoyaki e l'attesa c'era totalmente passata la fame. Abbiamo quindi deciso di tornare in hotel per darci una rinfrescata e visitare per cena Dotonbori, uno dei quartieri più popolari di Osaka, in modo da godercelo in versione notturna.


Dal nostro hotel Dotonbori distava circa trenta minuti a piedi. Come al solito ci siamo affidate a Google Maps per la direzione da prendere. Seguendo il navigatore ci siamo infilate in una via alle spalle del nostro hotel e quasi per caso abbiamo incrociato lo sguardo di alcuni ragazzi fermi ai distributori di bevande all'inizio della strada. Continuavano a guardarci con aria perplessa come di chi non avesse mai visto due straniere e si domandava che ci facessimo lì. Ma che avevano da fissarci tanto? Abbiamo proseguito un po' innervosite lungo l'ampia via che sembrava presentare su entrambi i lati solo alti hotel, dai nomi stravaganti e all'apparenza anche di un certo lusso.

© Expedia
La strada era semideserta, fatta eccezione per qualche coppietta che passeggiava mano nella mano e qualcun altro che entrava ed usciva dagli hotel.
Una macchina nera dai vetri oscurati ha incrociato la nostra strada fino a parcheggiarsi di fronte all'hotel con il nome più ridicolo: Hotel Broccoli. Ci siamo voltate incuriosite. Chissà chi sarebbe sceso? Che si trattasse di una celebrità o di un personaggio politico?
 

Una giovane donna vestita in modo fin troppo succinto ha aperto la portiera dirigendosi all'interno dell'hotel. Dopo circa cinque minuti l'autista è sceso per aprire l'altra portiera ad un uomo che con mascherina sul viso e fare circospetto si è diretto anch'egli all'interno.
Se la scena ci aveva lasciate perplesse e ci aveva fatto suonare un campanello d'allarme, l'insegna a sfera con scritto "LOVE" sul tetto di uno degli hotel successivi ci ha tolto ogni dubbio.


Non so come ma c'eravamo infilate in una delle vie dei love hotel di Osaka. Per chi non lo sapesse si tratta di hotel ad ore in cui i giapponesi si recano per consumare il rapporto. Viene usato di solito da chi non può farlo in casa, come i giovani che vivono ancora con i genitori, chi ha rapporti extraconiugali o chi li ha a pagamento.
All'improvviso tutto aveva senso, le occhiatacce dei ragazzi, le coppiette, e persino la circospezione dell'uomo che ci teneva a non farsi riconoscere.

© Tokyo Cheapo
Abbiamo percorso il resto della via il più velocemente possibile, onde evitare di imbatterci in scene come quella che avevamo visto precedentemente, scoprendo con stupore che la strada terminava con un torii, simbolo di uscita dall'area sacra. Ma vi sembra possibile che la via dei love hotel era la stessa che portava al santuario? Osaka ci aveva messo di fronte a l'ennesimo nonsense.

© Google Maps
Siamo arrivate a Dotonbori dopo altri 15 minuti circa. L'attrazione principale di questo quartiere è la via in cui si concentrano i ristoranti, in quanto ogni locale presenta delle insegne che difficilmente riuscirebbero a passare inosservate.
Gigantesce ed in rilievo, sono delle vere e proprie sculture atte a pubblicizzare le specialità dei diversi ristoranti, così succede che il rivenditore di takoyaki abbia un enorme polpo sulla porta, mentre il ristorante di sushi presenti una mano che regge un nigiri.
Attraversare la via, affollata e rumorosa, per guardarle tutte è parte del divertimento.

Ristoraante di takoyaki
Ristorante di sushi
Ristorante di gyoza
Ristorante di butadon

Ristorante specializzato in molluschi
Ristorante di kushikatsu
Ristorante cinese
L'inizio della strada è contrassegnata da un portale, mentre poco distante si trova l'insegna più amata e fotografata di tutto il quartiere: l'omino che corre della Glico (un'azienda dolciaria giapponese che ha sede ad Osaka). Quando siamo andate noi lo abbiamo trovato vestito da Babbo Natale, nonostante all'evento mancasse più di un mese, ma come vi ho già detto in altri post, in Giappone iniziano a tirar fuori le decorazioni natalizie il giorno dopo Halloween.



Decise a rimanere per cena, avendo a disposizione così tante opzioni, scegliere non è stato affatto facile. Il kushikatsu non lo avevamo ancora provato, ma non avevo voglia di mangiare roba fritta; il pesce palla sarebbe stata una scelta insolita, ma mia sorella ha giustamente fatto notare che non era il caso di spendere uno sproposito per rischiare di farsi avvelenare. Altri locali invece li abbiamo evitati a causa della lunga fila.

Ristorante specializzato in pesce palla
Dopo un'esame accurato ci siamo rese conto che, nonostante l'avessimo mangiata solo qualche giorno prima, entrambe avevamo voglia di nuovo di okonomiyaki.
Abbiamo individuato un ristorante, che sebbene fosse affollato, aveva ancora dei posti liberi al quarto piano, così siamo state accompagnate ad un ascensore, e un cameriere ci è venuto a prendere al piano per mostrarci le sedute. Due posti al bancone di fronte ai cuochi, il che ci ha permesso di assistere a tutta la preparazione.


Abbiamo deciso di ordinare due okonomiyaki, una nello stile di Osaka e l'altra nello stile di Hiroshima, in modo da provarle entrambe.
La differenza tra questi due tipi di okonomiyaki sta principalmente nella preparazione e nell'aggiunta di alcuni ingredienti.
Nell'okonomiyaki Osaka style la pastella di base (fatta con farina, acqua e uovo) viene amalgamata al cavolo e agli altri ingredienti a scelta (di solito carne e/o pesce) e poi versata sulla piastra.

Due okonomiyaki in stile Osaka e una in stile Hiroshima in preparazione

Nell'okonomiyaki Hiroshima style invece la pastella di base viene cotta da sola sulla piastra e poi usata come coperchio per far cuocere il cavolo e gli altri ingredienti, prima piastrati e poi inseriti sotto la pastella. Questa variante si accompagna sempre oltre che di carne e/o pesce, anche di spaghetti e uovo ad occhio di bue, cotti prima sulla piastra e poi inseriti all'interno.

Okonomiyaki in stile Hiroshima

Il nostro cuoco, un ragazzo giovanissimo, era davvero eccezionale. Sono rimasta totalmente impressionata dalla velocità e precisione con cui lavorava, e poi si è guadagnato tutta la nostra ammirazione solo per il modo in cui ha messo la maionese sull'okonomiyaki. Un artista.


E con una scorpacciata degna di un re, abbiamo detto addio definitivamente ad Osaka, che tanto ci aveva fatto ridere e stupito, permettendoci di apprezzare persino la bellezza delle cose brutte. 
Una nuova meta ci attendeva, di quelle inaspettate e scoperte per caso, ma che andava a coronare un altro dei miei sogni di una vita, quello di andare a vedere il deserto a dorso di un cammello. Perchè si signori, in Giappone non si fanno mancare niente.
Seguite anche il prossimo post dove vi parlerò di Tottori.

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Se vi siete persi il racconto della prima parte della giornata lo trovate qui: Koyasan

Per chi invece volesse sapere dell'arrivo ad Osaka e delle nostre prime impressioni cliccate qui: prime impressioni su Osaka

Vi ricordo che in testa al blog, nella sezione Giappone, trovate tutti i post del viaggio pubblicati fin ora. A presto!

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