Il villaggio di Braccio di Ferro
Robin Williams è da sempre stato uno dei miei attori
preferiti. Ho amato la maggior parte dei suoi film alla follia. L’attimo
fuggente, Hook, Jumanji, Mrs. Doubtfire avranno sempre un posto speciale nel
mio cuore. Nonostante ciò, devo ammettere che prima di mettere piede a Malta,
ignoravo completamente che, agli esordi della sua carriera, avesse interpretato
anche il ruolo di Braccio di Ferro, in un musical co-prodotto da Disney e
Paramount, che uscì nel 1981 e che fu
girato interamente sull’isola.
© huffingtonpost.com |
Il set fu costruito
su un tratto della costa a Mellieha. Da Sliema ci si arriva prendendo l’autobus
n. 222 direzione Cirkewwa e scendendo a
Ghadira . Da qui avete due opzioni. Proseguire a piedi per una ventina di
minuti oppure prendere un altro autobus che vi lascerà di fronte al villaggio.
Quando siamo andate noi l’autobus era affollatissimo di scolaresche dirette a
Gozo, abbiamo fatto tutto il tragitto, di circa 1 ora e mezza, in piedi, pressate tra gli zaini dei bambini.
Non so nemmeno io come sono arrivata alla prima fermata senza vomitare. Io
soffro moltissimo il mal d’auto, per cui quando finalmente sono scesa
dall’autobus infernale, non me la sentivo proprio di riprenderne un altro e ho
pensato che una passeggiata di una ventina di minuti poteva starci per superare
la nausea.
La strada per andare dalla fermata al Popeye Village è
davvero molto semplice e dritta, ma all’epoca noi non lo sapevamo per cui per
la direzione da seguire ci siamo totalmente affidate ad un’applicazione che si
chiama MAPS ME. Si tratta di un’app con cui scaricare delle mappe da poter poi
usare offline. Nessuna di noi aveva difatti la connessione dati sul telefono
visto ci trovavamo all’estero (suona strano, ma si Malta è estero) per cui
quella era la nostra sola possibilità.
Con il senno di poi sarei proprio curiosa di sapere chi ha
realizzato le mappe di questa app che al posto di farci dirigere verso la perfetta
strada dritta che collegava la fermata con il villaggio, ci ha portato a
violare proprietà private e a disperderci tra i campi, con il rischio di non
riuscire più a ritrovare la strada.
© marketing.by |
Di cosa parlo? Seguendo le indicazione dell’app abbiamo
preso una stradina seminascosta sul ciglio della strada che ci ha condotte
dritte dritte all’interno del giardino di un resort. Una serie di costruzioni piccole e basse in
pietra spuntavano lungo il percorso, bloccato qua e là da transenne come di lavori in corso che
impedivano il passaggio. Non mi è stato ben chiaro se il posto era abbandonato
e le transenne segnassero il divieto d’accesso in zone a rischio e pericolanti,
o in via di ristrutturazione in occasione di una futura apertura.
Abbiamo proseguito un po’ a slalom per evitare le zone
chiuse, cercando di rimanere comunque sulla via indicata dalla mappa, fino a
ritrovarci in una zona, ancora all’interno del resort, presa d’assalto da
centinaia di gatti. In che razza di posto eravamo finite? Abbiamo poi notato un
cartello con la scritta Neko cafè poco distante. C’era un cafè dei gatti? La cosa non aveva
assolutamente senso. Chi mai lo avrebbe trovato lì nascosto? E com’era
possibile che non ci fosse una via d’accesso per arrivarci che non includesse
passare dentro il resort? E perché i gatti del cafè se ne andavano bellamente
in giro e nessuno li teneva d’occhio?
Abbiamo comunque deciso di non indagare oltre e di
proseguire. Eventualmente saremmo potute
tornare a dare un’occhiata al ritorno, sempre che la strada che stavamo facendo
portasse da qualche parte.
Lasciato alle nostre spalle il resort ci siamo ritrovate in
aperta campagna. Ma non una stradina di campagna, proprio dentro ad un campo.
La mappa ci diceva di proseguire, girare a destra poi continuare dritti come se
ci fosse una strada da percorrere, ma davanti a noi c’era solo un terreno pieno
d’erbacce alte e muretti a secco.
La situazione sembrava disperata, ma che altro fare? Abbiamo
deciso di andare avanti seguendo la strada invisibile indicata dalla mappa.
Ma vi sembra una strada da indicare su una mappa?
Comunque sia, visto che la strada l’avevamo trovata abbiamo
deciso di seguirla, e indovinate un po’ dove ci ha condotto? Ad un cancello. Il
cancello delimitava l’area del campo perché, nonostante lo stato di abbandono,
quella era una proprietà privata e noi eravamo chiuse dentro.
Yukie, da buona ragazza di città, mi ha guardato in crisi
chiedendomi se dovevamo tornare indietro.
Io, da brava ragazza
cresciuta in un paesino, ho ringraziato la mia familiarità con la campagna, e
memore di giochi d’infanzia che credevo ormai lontani anni luce, ho fatto
l’unica cosa che aveva senso fare: scavalcare il cancello.
Yukie mi ha seguito con un po’ di paura e riluttanza, ma era
solo un blocco morale, essendo molto più atletica di me non ha avuto problemi a
passare.
Il colmo sapete qual è? Che proprio dopo aver scavalcato ci
siamo ritrovati su una stradina costeggiata da mura a secco, e su un muro c’era
un cartello che indicava il Popeye Village. Come se qualcuno avesse davvero
potuto arrivarci dalla strada che avevamo fatto noi.
E sapete qual è la cosa ancora più ridicola? Che percorrendo
la stradina siamo arrivate alla perfetta strada dritta che avremmo potuto
prendere fin dall’inizio se solo ne fossimo state a conoscenza. Almeno era la
parte finale della strada e già da lì si intravedeva il Popeye Village. Meglio
di niente. Almeno eravamo arrivate.
Il set del film è stato trasformato in una sorta di parco a
tema. Dopo aver fatto i biglietti per
entrare ci è stata consegnata una mappa e dei braccialetti per poter usufruire
delle varie attrazioni.
Il villaggio all’interno era buffissimo, più che il set di
un film sembrava di essere dentro un cartone animato. Tante casine basse e
coloratissime si dispiegavano dentro la breve via principale e sembravano
costruite quasi l’una sull’altra.
All’ingresso siamo
state accolte da Braccio di Ferro e tutta la sua cricca. Yukie, che fino a quel
momento non era stata molto convinta di venire, ha finalmente trovato l’entusiasmo, sentendosi
un po’ come nella sua amata Disneyland.
Abbiamo così iniziato l’esplorazione delle varie case che
componevano il villaggio. Una bancarella di primizie si trovava proprio di
fronte ad un negozio di cappelli, mentre la casa vicino era occupata dal
fornaio, con le sue torte e il pane appena sfornato (si fa per dire, usate
l’immaginazione e lo stupore del bambino che è in voi!).
Alcune case avevano un aspetto un po’ fatiscente, ma
nonostante la paura che crollasse tutto al nostro passaggio, abbiamo deciso di
visitarle lo stesso. Una delle case più mal
messe conteneva le informazioni sulle musiche del film, mentre a seguire si
trovava l’ufficio del sindaco.
Una delle casette era adibita a museo del fumetto. All’interno si trovava tanto vecchio merchandising su Braccio di Ferro, dai puzzles alle tazze, ai pupazzi, alle tavole illustrate, alle spille fino addirittura agli spinaci marcati Popeye.
All’ingresso c’era poi una grande lavagna verde sulla quale poter scrivere per cui anche io e Yukie abbiamo lasciato un segno temporaneo del nostro passaggio (lo so c’era più spazio in basso ma non avevo voglia di sdraiarmi per terra per riuscire a scrivere).
Una grossa segheria affacciava direttamente sul mare, con le sue
ancore e le sue barche in costruzione.
Il villaggio terminava con un piccolo cimitero che dava sul
mare e la casa di Olivia, in affitto anche su TripAdvisor 😂.
All’interno tutti gli ambienti principali di un’abitazione erano stati ricostruiti. La cucina, la camera da letto, il bagno, persino una piccola sala lettura con caminetto. In una sala più interna della casa si trovava una sala cinema nel quale si poteva vedere la proiezione completa del film girato nel villaggio.
All’interno tutti gli ambienti principali di un’abitazione erano stati ricostruiti. La cucina, la camera da letto, il bagno, persino una piccola sala lettura con caminetto. In una sala più interna della casa si trovava una sala cinema nel quale si poteva vedere la proiezione completa del film girato nel villaggio.
Più o meno a metà della via si trovava un fioraio, il cui
negozio annetteva ad una sorta di villaggio parallelo, dove tutto era fermo ad
un altro periodo dell’anno, canzoncine allegre risuonavano in sottofondo e
allegri elfi lavoravano celermente per realizzare giocattoli d’altri tempi. La
città dei giocattoli di Babbo Natale si trovava davanti ai miei occhi. Mi sono
sentita come Jack Skeletron dopo aver appena scoperto il Paese di Natale.
Una sorta di euforia natalizia ha iniziato a pervadermi
rendendomi felice senza nessun motivo e facendomi fibrillare alla vista di ogni
nuova casetta della città. Ogni abitazione portava alla scoperta di una diversa
fase del processo produttivo, dalla ricezione delle lettere con i desideri dei
bambini, alla costruzione dei giocattoli, fino all’impacchettamento.
La città era colorata, ricoperta di neve e decorata con
caramelle e bastoni di zucchero. I suoi abitanti erano pupazzi di neve, orsi
polari e piccoli elfi. Un mondo di felicità e glucosio alla portata di tutti.
Tutta quest’atmosfera natalizia ha finito con il metterci
fame (i pranzi di Natale sono elemento imprescindibile della festa) per cui ci
siamo dirette verso il ristorante del villaggio.
Il ristorante affacciava direttamente sul golfo regalandoci
una bella vista sull’acqua cristallina del mare. Malta ha queste acque
spettacolari di un azzurro intenso e completamente trasparente che non può
lasciare indifferente nemmeno una come me che il mare non lo ama molto.
Abbiamo pranzato con un buon hamburger e patatine (non c’era
molto altro in menù, forse la pizza ma non ne sono certa) e poi abbiamo deciso
che era arrivato il momento di usufruire di tutti i bonus compresi nel
biglietto d’ingresso.
La prima tappa è stato lo shop del villaggio per ricevere le
cartoline gratuite. E qui ci sono stati i primi problemi. Per consegnarci le
cartoline difatti la commessa voleva vedere il nostro biglietto per strappare
il talloncino corrispondente. Peccato quando abbiamo pagato all’ingresso del
villaggio ci abbiano consegnato solo la mappa e i braccialetti, nessun
biglietto. Forse sono stata stupida a non farci caso ma anche in biglietteria
potevano stare più attenti. Per fortuna avevamo con noi gli scontrini del
pagamento per cui alla fine la commessa, dopo un po’ di riluttanza si è convinta
a darci le cartoline e a segnare sullo scontrino che le avevamo ricevute, in
modo da seguire la stessa procedura anche per gli altri bonus.
Il secondo bonus era un giro della costa in barca. Appena
arrivate al villaggio non c’era molta gente che stesse usufruendo di questo
bonus per cui abbiamo pensato che anche noi potevamo rimandarlo a più tardi.
Peccato che più tardi per salire sulla barca ci fosse una fila sterminata.
Abbiamo rimandato una seconda volta per andare a vedere lo spettacolo in cui
Braccio di Ferro e Bruto si prendevano a cazzotti nella speranza che la fila
diminuisse un po’.
Quando siamo tornate se possibile c’era più fila di prima.
Ci siamo messe in coda rassegnate e abbiamo aspettato il nostro turno. Avevamo
davanti ben due scolaresche in gita. Una ragazza assegnava i posti per salire
sulla barca fino a riempimento. Dopo circa mezz’ora di fila avevamo ancora
parecchi scolari davanti. La partenza
dell’ultima barca stava ritardando perché c’erano ancora due posti liberi ma
nessuno dei ragazzi voleva salire e separarsi dal resto dei compagni. La
ragazza insisteva che la barca non poteva partire se non era piena per cui mi
sono fatta avanti e ho chiesto se visto eravamo in due, potessimo andare noi al
posto dei ragazzi che volevano stare tutti assieme. Appena ho finito di parlare
la ragazza si è girata dall’altro lato come se niente fosse e ha continuato a
chiedere ai ragazzi di salire, i quali continuavano a negarsi. Ho voluto
credere che non mi avesse sentito così ho provato a chiedere più di una volta,
ma lei continuava ad ignorarmi deliberatamente evitandomi ogni volta che
tentavo di parlarle. Mi ha fatto davvero saltare i nervi. Se la mia richiesta
non le stava bene bastava dirlo, invece di far finta di non sentire.
Alla fine si è
degnata a considerarmi solo dopo che la maestra ha insistito più volte sul
fatto che i ragazzi non volevano separarsi e per lei non c’era problema se
passavamo prima noi.
Salite finalmente sulla barca ci hanno consegnato un
giubbotto salvagente e siamo partiti. Ho scoperto con fastidio che la grandezza
media della testa dei maltesi è di parecchio inferiore alla mia. Riuscire a
infilarsi quei maledetti giubbotti quando necessario si è rivelata ogni volta
un’impresa.
Abbiamo esplorato il golfo e le insenature circostanti. Il
mare era di un blu intenso e dalla barca si riusciva a vedere persino la città
in lontananza. La barca sembrava
muoversi quasi a guizzi tra le onde ma ho davvero apprezzato ogni schizzo che
ha rinfrescato quella giornata calda.
A Malta sembra quasi che sia estate tutto l’anno. Le
giornate di pioggia in due mesi saranno state una o due. Se fossi andata in
estate credo sarebbe stata una vera sofferenza, ma in primavera, le giornate di
sole sono state molto piacevoli.
Scese dalla barca ci siamo dirette verso l’azienda vinicola
per l’ultimo bonus: un bicchiere del punch di Braccio di Ferro.
Quando mi sono
vista presentare un bicchierino da caffè con il liquido rossastro all’interno
ci sono rimasta male. Ma non era un bicchiere? Assaggiandolo ho poi ringraziato
che fosse un bicchiere piccolo perché era terribile, almeno per i miei gusti.
Ancora sedute con davanti la disgustosa bevanda, mi sono
fatta convincere da Yukie a partecipare a uno dei giochi organizzati da Braccio
di Ferro e compagni in cui i partecipanti diventavano attori per mezz’ora e
bisognava mettere in scena un pezzo del film insieme allo staff del villaggio.
Per fortuna non sono riusciti a trovare abbastanza persone disposte a
partecipare e non se n’è fatto niente. Non
riuscivo proprio a immaginarmi in quella
situazione e allo stesso tempo non riuscivo a formulare nella mia mente nessuna
scusa abbastanza valida per defilarmi da
quella figuraccia garantita.
Ci siamo così spostate verso la zona relax attaccata al ristorante
e abbiamo scoperto che sulla terrazza all’aperto era possibile giocare al
minigolf e fare alcuni giochi da tavolo in formato gigante.
Abbiamo fatto una partita a Forza 4 (anche se ho praticamente giocato sola, Yukie continuava a scattare foto) e poi siamo passate al minigolf. Peccato non ci fossero tante palline quante mazze. Siamo state a cercare le palline per un bel pezzo, ma non siamo riuscite a trovarne. Le sole che abbiamo visto erano già nelle mani di un gruppo di ragazzi che stavano facendo una partita.
Abbiamo fatto una partita a Forza 4 (anche se ho praticamente giocato sola, Yukie continuava a scattare foto) e poi siamo passate al minigolf. Peccato non ci fossero tante palline quante mazze. Siamo state a cercare le palline per un bel pezzo, ma non siamo riuscite a trovarne. Le sole che abbiamo visto erano già nelle mani di un gruppo di ragazzi che stavano facendo una partita.
Abbiamo così deciso di tornare ai giochi da tavola e
un’altra mezz’ora è passata con me che tentavo di insegnare a Yukie a giocare a
Dama.
Abbiamo lasciato il villaggio per averne una vista esterna
complessiva. Dall’altro lato del golfo il villaggio appariva piccolo e
incastonato perfettamente all’interno della parete rocciosa della costa.
Gruppi
di persone se ne stavano sedute qua e là sugli speroni della roccia a godere del sole, dell’acqua cristallina e della vista sulle casette colorate. Qualche
temerario stava persino facendo il
bagno.
Siamo rimaste anche noi un po’ in contemplazione e a
scattarci qualche foto, poi siamo andate a prendere l’autobus che ci ha
riportato alla fermata Ghadira lungo la perfetta strada dritta che all’andata
non eravamo state in grado di trovare, dirette verso casa.
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