Sensoji


Una leggenda fa risalire la fondazione del complesso del Sensoji a più di 1300 anni fa, quando, il 17 maggio 628, due fratelli, Hamanari e Takenari Hinokuma, mentre pescavano nel fiume Sumida, trovarono impigliata nella loro rete una statuetta della dea della misericordia Kannon. Sembra che in un primo momento i fratelli tentarono di disfarsi della statuetta gettandola in acqua, ma essa finiva per il tornare sempre a loro.

© The Japanese Dreams
Saputo della scoperta, il capo villaggio Nakatomo Hajinoatai, prese i voti e diventò monaco, poi, grazie ad un’appassionata predica, convinse i due fratelli a convertirsi al buddismo e a consacrare la statua in un piccolo tempio costruito, al posto della sua casa, nel 645 nel distretto di Asakusa. Quel tempio era il Sensoji, che con il tempo crebbe e prosperò grazie anche ai lavori edilizi promossi dallo shogunato Tokugawa.
Il complesso, formato dagli edifici sacri e dai giardini situati all’interno delle mura perimetrali, fu distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale per cui, fatta eccezione per il piccolo altare esagonale Rokkakudo, l’attuale complesso è una ricostruzione antisismica del 1958 in cemento armato con tegole in titanio.


Per accedere all’area sacra bisogna attraversare il portale Kaminarimon, caratterizzato al centro dalla lanterna di carta più grande del Giappone, simbolo di prosperità e protezione dalle calamità naturali. Questa lanterna misura 3,9 m di altezza per 3,3 m di diametro e pesa 700 kg. L’originale fu realizzata dalla ditta Takahashi Chochin di Kyoto nel 1971 con il bambù proveniente dalla regione di Tamba, e avvolgendo 300 fogli di carta tra loro, usando, come legante, un prodotto estratto dal gelso proveniente dalla prefettura di Fukui. Da allora questa ditta si è occupata della manutenzione della lanterna che viene rinnovata ogni 10 anni.


La bellissima incisione raffigurante un drago nella parte inferiore della lanterna fa riferimento alla leggenda secondo la quale, quando i due fratelli Hinokuma trovarono la statuetta di Kannon, un drago dalle squame dorate apparve dall’acqua. In Giappone queste creature leggendarie sono conosciute per avere il controllo anche della pioggia e delle nuvole, per cui ha lo scopo di proteggere il tempio dagli incendi.


Ai lati della lanterna si trovano le statue raffiguranti il dio del tuono Raijin, sulla sinistra, e il dio del vento Fujin, sulla destra. Sul lato opposto del portale si trovano le statue dei due dei dragoni con sembianze umane, posti come guardiani del tempio, Tenryu (il drago celeste) sulla destra e Kinryu (il drago dorato) sulla sinistra. Entrambe le divinità presentano una coda di drago che mostra la loro vera natura.

Kinryu                                                      Tenryu
                                        
Il portale fu costruito nel 941 come dono del comandante militare Taira no Kinmasa, ma l’attuale struttura si data al 1960, quando il fondatore della Panasonic, Konosuke Matsushita, si fece carico economicamente dei lavori per il Kaminarimon e la sua lanterna, per ringraziare la dea Kannon per averlo guarito dalla malattia che lo aveva afflitto. Il nome della compagnia si può leggere ancora oggi sulla lanterna.


Percorsa la Nakamise dori, la via commerciale, si arriva ad un secondo portale, l’Houzoumon, caratterizzato invece dalle statue degli dei guardiani Nio, dal quale si accede al tempio vero e proprio.
La sala principale è detta Hondo, oppure Kannondo, in quanto ospita la statuetta della dea Kannon. In realtà le statuette sono due. Intorno all’850 difatti, Ennin, un monaco buddista della scuola Tendai, fece realizzare una copia della statuetta originale del Sensoji, in modo da renderla accessibile alla vista dei fedeli. Tutt’oggi entrambe la statuette sono custodite in due aree differenti della sala principale. La Kannondo difatti, ampia 1150 m2 e ricostruita secondo il modello originale (fatta eccezione per il tetto spiovente ricostruito più grande per rendere visibile l’edificio anche in lontananza), è suddivisa in due zone: la naijin, ovvero la parte al chiuso formata dalla gokuden (la camera votiva) e la gejin, ovvero la parte che si apre sul cortile esterno.  La gokuden presenta ai quattro angoli statue di dei legati a Kannon quali Bonten e Taishakuten, nella parte anteriore, e Fudo Myo-o e Aizen Myo-o in quella posteriore. Un altarino in oro custodisce la statuetta di Kannon fatta realizzare da Ennin che ogni 13 dicembre viene mostrata ai fedeli. L’altra statua invece si trova anch’essa nella gokuden ma in una zona privata, non visibile al pubblico.




La gejin presenta, invece, delle immagini di Buddha-Kannon portatore di fiori di loto, realizzate da Domoto Insho dopo la ricostruzione.


Oltre alla Kannondo, tra gli edifici principali che formano il complesso del Sensoji ci sono anche la pagoda a 5 piani e il Denboin.
La pagoda, la seconda più grande del Giappone dopo quella del tempio di Toji vicino Kyoto, fu costruita nel 942 dal comandante militare Taira no Kinmasa secondo un sistema detto shinbashira che le permette di resistere ai terremoti. Alta 53,32 m, fu distrutta durante un attacco aereo della Seconda Guerra Mondiale e riedificata nel 1973 in una location differente. All’interno, il piano inferiore presenta delle stanze che custodiscono più di 100 statue di Kanzeon Bosatsu, la divinità buddista della misericordia e oltre 10000 tavolette ihai (tavolette su cui è scritto il nome buddista che i defunti acquisiscono dopo la loro morte). L’ultimo piano, invece, custodisce le sacre reliquie (le ceneri di Buddha) ereditate dal tempio Isurumuniya in Sri Lanka. La pagoda presenta un sistema di illuminazione ideato da Motoko Ishii.
Il Denboin, invece, è l’ufficio e la residenza principale dei monaci del Sensoji. Sia gli edifici che il giardino di questo complesso sono sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale, per cui sono stati designati con i titoli di Luoghi di Incomparabile Bellezza e Importanti Proprietà Culturali. Dal 2012 è stato aperto al pubblico assieme al Museo degli ema (le tavolette votive), ma è visitabile solo da metà Marzo agli inizi di Maggio.


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