Giorno 1: Vienna, in viaggio con mamma


Vi hanno mai regalato una smartbox viaggio? Se si come vi siete trovati? Quando mia madre ha compiuto 50 anni queste smartbox andavano molto di moda per cui io e mia sorella abbiamo pensato di regalargliene una perché potesse farsi un mini viaggetto con nostro padre. Per motivi familiari mia madre non ha mai potuto fare un viaggio, per cui questa all’epoca ci sembrò un’idea carina per quasi costringerla a prendersi una vacanza. Con il senno di poi fu una pessima idea, perché i problemi che la tenevano legata a casa sono solo peggiorati nell’ultimo periodo, per cui non ha avuto modo di sfruttarla. Fatto sta che la smartbox ha scadenza due anni e i due anni erano quasi passati quando ci siamo ritrovati tutti seduti attorno ad un tavolo con la domanda: “Che ci facciamo con questa smartbox?”


Alla fine si è deciso di cercare di usarla, più per non perdere i soldi, ed essendo un regalo per mia madre era indubbio che lei dovesse partire.  Ma chi andava con lei? Dopo averne discusso si è deciso che fossi io. Le motivazioni sono state principalmente due:
1. Io ero libera nel periodo stabilito.
2. Non avendo mai viaggiato e non conoscendo altre lingue oltre all’italiano e il siciliano, i miei genitori avrebbero avuto diversi problemi ad affrontare un viaggio all’estero non organizzato. Tra l’altro, vista l’imminente scadenza della smartbox, e dei giorni liberi dal lavoro di mia madre, bisognava organizzare tutto il più velocemente possibile.
Decisi i viaggiatori, bisognava decidere la meta. Ammetto di essere stata un po’ egoista in questo. Appena saputo che sarei stata io a partire, sono stata subito presa dalla mia foga di pianificatrice folle e mi vedevo già proiettata in Russia sotto la neve (ci sarà davvero la neve anche in estate?) vestita da cosacco a cantare: “ San Pietroburgo è cupa, San Pietroburgo è spenta, mi sono congelato in mezzo alla tormenta….”.
Naturalmente sono dovuta rinsavire molto presto e abbassare la cresta. Prima di tutto perché mia madre non aveva il passaporto per cui la Russia era offlimits. In secondo luogo perché era il regalo di compleanno di mia madre, non il mio, per cui era lei che doveva scegliere dove andare, non io.
Da questo punto di vista mia madre mi ha lasciato carta bianca sulla meta ma ha posto delle condizioni. “Scegli tu, tanto io non sono stata da nessuna parte, per me è tutto nuovo, solo facciamo un viaggio rilassante, non ho voglia di correre qua e là come una matta come fai tu di solito”.
Scegliere la meta è stato facile. Esclusi tutti i Paesi extra UE restava solo una meta che non avevo ancora visitato e che attirava la mia attenzione: l’Austria, nello specifico Vienna. Il difficile è stato limitare l’itinerario ad una sola città e ad un solo luogo da visitare al giorno, in modo da poter tenere un ritmo lento e rilassato. Ho dovuto lavorare molto su me stessa per riuscirci e fare un’ampia opera di scarto ma penso alla fine di aver fatto un buon lavoro.
Ho contattato l’hotel prescelto per aggiungere altre due notti alle due previste dalla smartbox, ho scaricato la guida della Lonely Planet su Vienna per studiare la città e ho prenotato via internet gli aerei e tutti gli ingressi ai musei che abbiamo deciso di visitare. Una settimana dopo eravamo in aeroporto pronte per la partenza.
Il nostro volo, operato dalla compagnia Austrian, una delle poche con voli diretti Catania-Vienna, partiva alle 12.30 e arrivava alle 14.30.


Essendo l’orario del pranzo e non sapendo cosa avremmo trovato all’arrivo in terra straniera,  ci siamo  premunite, concedendoci l’ultimo pasto da siciliano doc : gli arancini.  Pensavamo difatti che non avremmo toccato cibo fino all’arrivo, perché come avviene per molte compagnie aeree, i pasti non sono inclusi e vanno acquistati. Invece con nostra sorpresa le hostess dell’Austrian ci hanno portato il pranzo. Un hamburger, una bibita e il caffè.
Appena atterrate abbiamo recuperato le nostre valigie (con Austrian hai diritto a un bagaglio di 20 kg in stiva gratuito oltre quello a mano) e siamo andate a prendere il treno direzione stazione centrale di Vienna (Haunptbahnhof). Si arriva in 15 min e il costo è di 3,90 euro.



Il nostro hotel era praticamente attaccato alla stazione.
Dopo aver fatto check-in e lasciato le nostre valigie in camera ci siamo subito dirette fuori per cominciare ad esplorare la città.


Prima tappa: Kunsthistorische museum. Dalla stazione centrale si prende la metro linea U1 fino a Karlsplatz,  per poi cambiare con la U2 fino a Museumquartier.
La prima cosa che mi ha colpito della metropolitana è stato che non c’erano i tornelli. L’ingresso era completamente libero scandito solo dalla presenza di una macchinetta obliteratrice, non c’erano controllori e tutto sembrava essere basato su un totale rapporto di fiducia con gli utenti per cui a nessuno sarebbe venuto in mente di prendere la metro senza avere il biglietto. Quando mi trovo davanti questo tipo di situazioni mi stupisco sempre. Esattamente come in Giappone anche qui le persone si disponevano tutte su un lato delle scale mobili per far passare, chi aveva fretta, dall’altro. Forse non c’è bisogno di andare dall’altro lato del mondo per vedere certe cose. L’Austria non è poi così lontana dall’Italia eppure per alcuni versi è più simile al Giappone. O forse non è che l’Austria e il Giappone si somigliano, è solo che in Italia non abbiamo ancora capito come mettere in pratica le regole della convivenza civile e del rispetto per gli altri.
Appena messo piede fuori dalla metro siamo state travolte da un caldo ed un’afa assurda che nemmeno in Sicilia vicino al mare. Incredule, e prevedendo 4 giorni di caldo torrido, ci siamo dirette verso l’ingresso del museo.
Il Kunsthistorische museum è un edificio imponente, fu fondato nel 1891 dall’Imperatore Francesco Giuseppe per ospitare le collezioni imperiali, e si trova  di fronte al Museo di Storia naturale in una piazza al cui centro troneggia una statua raffigurante Maria Teresa d’Austria, da cui la piazza stessa prende il nome.




Il biglietto per il Kunsthistorische costa 15 euro e comprende anche l’ingresso al Neue burg. Di solito è aperto dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00, ma il giovedì fa  l’orario prolungato per cui il museo chiude alle 21.00 e questo ci ha permesso di visitarlo in tutta tranquillità.
Il museo vale sicuramente il costo del biglietto e anche di più. Ha una collezione vastissima ricca di capolavori celeberrimi ed è diviso in più sezioni.
Abbiamo cominciato la visita dal Museo degli argenti perché stavo impazzendo dalla voglia di andare a vedere la saliera di Benvenuto Cellini. All’interno di questa sezione c’era una quantità spropositata di suppellettili per la tavola realizzati in pietra dura e con montature in oro e pietre preziose. Accanto ad essi, altri oggetti d'uso, quali corni e borracce.
Lapislazzuli, cristallo di rocca, ambra, avorio, conchiglie, erano solo alcuni dei materiali  utilizzati per la loro realizzazione.



 





Non mi ha stupito che la maggior parte di queste opere, specialmente quelle in pietra dura, fossero di manifattura italiana, o per essere più precisi fiorentina. Firenze difatti era famosa per i lavori di commesso di pietre dure  e tutt’oggi lì si trova una delle istituzioni, l’Opificio, tra le più importanti in tutto il mondo per la lavorazione e l’intaglio di queste pietre.





Tra le cose più interessanti c’erano sicuramente i cammei antichi e vari marchingegni meccanici quali orologi e bambole. Una parte era dedicata solo agli strumenti di misurazione.





In una sala, quasi isolata dal resto, e circondata da preziosi arazzi, c’era la saliera. Si capisce la maestria di Cellini solo guardando le piccole dimensioni dell’opera rispetto alla quantità di dettagli in essa presenti. Il dio del Mare e la dea della Terra,  seduti l’uno di fronte all’altra, si guardano negli occhi da ormai 474 anni eppure il loro incontro è ancora estremamente affascinante. Lui con il tridente in mano e sorretto dai cavalli marini, lei seduta su un elefante coperto da un drappo decorato con i gigli, simbolo di Francesco I re di Francia per cui l’opera venne realizzata.


La collocazione datagli la valorizzava molto, ma sarei stata curiosa di vedere tutti questi pezzi magari su una tavola imbandita per  coglierne meglio il loro uso quotidiano.
Siamo passate poi alla sezione greco-romana. Enormi vasi a figure rosse su sfondo nero si alternavano a mosaici, kuroi, monete antiche e dettagliati cammei.





Tra di essi la celebre Gemma Augustea, un cammeo intagliato su pietra onice che si dice fu realizzata da Dioscuride nel 12 d. C. per l’imperatore Tiberio.


Siamo passate poi alla sezione egizia. Nonostante non sappia molto riguardo all’arte egizia (per non dire nulla) sono sempre stata molto affascinata da questa cultura. Le tavolette ricolme di geroglifici tutti da decifrare, i coloratissimi gioielli, i sarcofagi e le mummie. La sala era stata progettata per farti immergere il più possibile nel mondo dei faraoni, ma risultava fin troppo finta per i miei gusti.




l lunghi papiri appesi al muro hanno messo in moto la mia mente verso le brevi lezioni di geroglifico, che la mia collega di servizio civile mi dava, tra la catalogazione di un libro e l’altra. Mi sarebbe piaciuto riconoscere qualcosa, ma era una materia davvero troppo complicata da apprendere nei ritagli di tempo.


Siamo poi passate al primo piano salendo lo scalone monumentale. Di fronte ai miei occhi il Teseo che sconfigge il Centauro di Canova occupava tutta la visuale. Ai suoi lati lo scalone si divideva in due rampe strettamente sorvegliate da leoni.






Siamo così entrate nella pinacoteca. Capolavori della pittura olandese e fiamminga la facevano da padrone per metà piano, mentre l’altra metà era occupata dalla pittura italiana e qualche opera spagnola.

Rogier van der Weyden, Trittico della Crocifissione, 1443-45

Hans Memling, Trittico con Madonna e Bambino in trono, 1485-90

Giuseppe Arcimboldo, Estate, 1563

Tiziano, Danae, 1554

Tintoretto, Susanna e i vecchioni, 1557

Raffaello, Madonna del Belvedere, 1506

Parmigianino, Autoritratto entro uno specchio convesso, 1524

Antonello da Messina, Pala di San Cassiano (parte centrale), 1475-76

Bronzino, Sacra Famiglia, Sant'Anna e San Giovannino, 1545-46

Diego Velazquez, L'infanta Margherita in azzurro, 1659

Pompeo Batoni, Ritratto di Giuseppe II d'Asburgo e del fratello Pietro Leopoldo, 1769

Canaletto, La Dogana a Venezia, 1724-30

Mi è piaciuto moltissimo che qua e là nelle sale ci fossero dei pittori, alcuni davvero bravi, intenti a ricopiare i capolavori dei grandi artisti passati. Rendeva il museo molto più vivo e vissuto, creando interesse attorno alle opere.

Una pittrice reinterpretando i Cacciatori nella neve di Pieter Bruegel il Vecchio

Al centro del primo piano si trovava una caffetteria/ristorante davvero carinissima, peccato fosse anche chiaramente costosissima. Ne abbiamo goduto la vista dall’alto del secondo piano prima di proseguire la visita.



Al secondo piano c’erano i cartoni di Cornelisz Vermeyen sulla conquista di Tunisi che erano davvero spettacolari e poco più in là iniziava la sezione numismatica. Vi abbiamo dedicato poco tempo perché eravamo davvero stanche e all’interno c’era un odore particolarmente forte e fastidioso.

 

Una volta terminato il giro  e uscite dal museo era già buio e siamo state travolte da un vento, inspiegabile solo poche ore prima. La temperatura si era abbassata di molto per cui abbiamo deciso di andare a prendere il treno per riavvicinarci al nostro hotel e di andare a cercare un posto dove cenare.
Volevamo provare la cucina tipica senza spendere troppo per cui ci siamo affidate alle recensioni su Tripadvisor e ci siamo lasciate convincere ad entrare nel ristorante di una coppia simpaticissima che parlucchiava l’italiano e aveva i menù nella nostra lingua.
Il locale era piccolo ma accogliente, molto familiare e anche pulito, anche se mia madre lamentava la, a suo avviso,  non sufficiente pulizia dei vetri.  Sarà deformazione professionale di mia madre o semplice mia disattenzione ma a volte rimango davvero esterrefatta dalle cose che l’occhio di mia madre riesce a cogliere e che a me sfuggono completamente. Voglio dire, se in un ristorante il pavimento, i tavoli e le sedie sono puliti per me è sufficiente. Non avrei mai pensato di mettermi a controllare i vetri.


Abbiamo ordinato due birre e un piatto da dividere in due con vari assaggi di carne tipica e verdure.


Il piatto era davvero abbondante e molto economico. Le verdure erano ottime, il riso buono, mentre la carne era troppo cotta e risultava stopposa. Ma per quanto è costato non mi sono davvero potuta lamentare. Discorso diverso per mia madre che non è davvero riuscita a trattenersi dal sentenziare con orgoglio “Cucino meglio io”.

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