Harry Potter e l'esercito di terracotta



Siete mai stati a Napoli? Vi piace questa città? Io l’ho trovata sempre molto contraddittoria. 
La mia prima visita è stata durante il periodo di Ferragosto di qualche anno fa. Napoli di per sé, mi era piaciuta tantissimo. Ho amato le chiese e i palazzi, la pizza più buona del mondo, la vista incredibile dal Vomero su Spaccanapoli e il Vesuvio, le sfogliatelle. 


La rete dei trasporti poi, mi ha totalmente stupito. Non so perché, ma l’idea che avevo di Napoli, prima di partire, era che fosse come la Sicilia, un posto pieno di gente amichevole e tante cose belle da vedere e mangiare, ma dove non funzionava niente, dove spostarsi con i mezzi doveva essere un’impresa titanica. Invece Napoli ha una rete capillare di trasporti che mi ha lasciato a bocca aperta. Nonostante ciò, dopo il mio primo viaggio, ho pensato di non volerci mai più tornare. Avevamo preso un b&b vicino la zona della stazione centrale per comodità, visto avevamo in programma di spostarci con i mezzi per visitare anche le città vicine. È stata una delle esperienze più traumatiche che io ricordi.
Le strade erano sporchissime, accatastamenti infiniti di spazzatura, continue risse tra venditori ambulanti e gente del posto. Al mattino, proprio sotto al nostro b&b, infatti, c’era una sorta di mercatino di ambulanti, che quando a sera smontavano, lasciavano dietro di loro una scia di sporcizia mai vista, inoltre ci è capitato più di una volta di essere avvicinate con fischi e commenti molto fastidiosi. Non che fossero solo gli ambulanti, anzi la maggior parte delle volte si è trattato di passanti, ma ormai una sorta di angoscia  esistenziale ci assaliva all’uscire e rientrare dal b&b. Abbiamo trascorso tutto il viaggio terrorizzate che qualcuno potesse assalirci o scipparci, avevamo paura pure a rientrare al b&b troppo tardi la sera.
In qualche modo ho pensato che più delle altre città Napoli rappresentasse l’Italia, un potenziale incredibile mal sfruttato. Se solo fosse stata più pulita e più sicura, Napoli sarebbe stata la città dei sogni.
La mia seconda volta a Napoli è stata l’anno scorso. Una mia amica straniera visitava l’Italia per la prima volta, ed essendo un’appassionata di cibo italiano, ci teneva tantissimo a provare la vera pizza napoletana.  Potevo non accontentarla?


Nonostante stavolta sapessi a cosa andavo incontro e mi fossi premunita, scegliendo un appartamento in una zona diversa, la visita è stata meno spiacevole della precedente ma comunque non gratificante. Credo molto abbia influito la reazione disgustata e spaventata della mia amica davanti a tanta sporcizia. Nonostante l’avessi avvertita, deve essere stato comunque troppo per lei. Comunque sia, anche alla fine di questa visita, Napoli non mi aveva lasciato molta voglia di ritornare, per cui mi ero detta che la nostra conoscenza reciproca si sarebbe fermata lì e per il momento non avevo più voglia di rivederla.
Le ultime parole famose.
Non so come, forse per le incredibili contraddizioni insite nella città stessa, Napoli continuava a buttarmi delle esche. “Sai ho visto che c’è una mostra che potrebbe interessarti…” “Davvero? Dove?” “A Napoli.” “Mi rifiuto di tornare di nuovo a Napoli, solo per una mostra”. “Sai, ho scoperto che nello stesso periodo di quella mostra ce n’è anche un’altra, che so volevi vedere quando eri a Firenze, ma poi non sei riuscita” “Davvero? Cavolo mi piacerebbe… però dai, un viaggio a Napoli solo per quello…“Sai, ho saputo che sempre nello stesso periodo di quelle due mostre, ce n’è anche un’altra che so volevi vedere da una vita.” “Va bene, ho capito, prenoto i biglietti”.
Insomma, come avrete capito, Napoli mi stava proprio chiamando. C’è stato un concentrato di eventi, tutti nello stesso luogo, che mi hanno fatto cedere e decidere di volerci tornare a Napoli, quasi ad ogni costo, almeno per un giorno, anche quest’anno.
Mi sono così ritrovata a prendere, il 5 gennaio, un Frecciarossa da Firenze a Napoli. Stavolta ho optato per una sistemazione in zona Vomero, sia perché vicino alla meta di visita, sia perché quella era la zona di Napoli che mi aveva fatto la migliore impressione, durante i due viaggi precedenti, quanto a tranquillità e pulizia. La prima cosa buffa, e di cui mi sono accorta all’arrivo, era che il cognome sul campanello dell’appartamento scelto era quello della via della casa di famiglia in Sicilia e che l’appartamento si trovava in una via che aveva il mio cognome. Come quasi a rimarcare che ci fosse una sorta di disegno divino dietro a questo viaggio, che tante coincidenze fanno un destino.
In tarda serata mi hanno raggiunta anche mia madre e mia sorella dalla Sicilia. All’inizio non doveva essere un viaggio di famiglia, ma anche qui una serie di eventi e coincidenze ha fatto sì che lo diventasse. In ogni caso credo che alla fine dei conti la più felice di essere in città era mia madre. A Napoli ci aveva lasciato un pezzo di cuore. Ogni volta che si parlava di viaggi lei iniziava con “Quando sono stata a Napoli….”, quindi è stato bello che lei sia potuta tornare con noi.
Dopo questa introduzione infinita (mi scuso, scrivendo finisco sempre per essere più prolissa di quando parlo) arrivo finalmente al succo del post. Che mostre c’erano a Napoli da convincermi a tornarci?
Diciamo che per chi ancora non lo avesse capito, in me convivono tre anime.
Una estremamente nerd a cui piacciono i romanzi, i film fantasy e i gadget inutili.
Una appassionata di Oriente, che ama gli ideogrammi e la cultura di paesi lontani.
Una che si interessa d’arte, specialmente quella di fine Ottocento –inizio Novecento, e che vorrebbe vivere immersa tra le tele dei musei.
Napoli è riuscita a colpire su tutti e tre i fronti, regalandomi in una volta sola, tre dei nomi che calamitano la mia attenzione al solo udirne il suono: Harry Potter, Vincent Van Gogh e Qin Shi Huangdi.
Incantesimi in Floridiana è il nome della mostra dedicata ad Harry Potter che si è tenuta dall’8 dicembre 2017 fino al 7 gennaio 2018 al Museo Duca di Martina.



Durante i primi due viaggi a Napoli non avevo avuto il piacere di visitare questo museo, ma grazie a questa mostra, ho scoperto che hanno una collezione davvero pregevole di ceramiche.  Alcuni pezzi erano talmente impressionanti che mi hanno persino distolto dalla contemplazione dei manufatti potteriani.




Inoltre ho trovato assolutamente geniale il modo in cui la mostra è stata allestita.  Gli oggetti su Harry Potter erano talmente ben immersi tra quelli del museo che quasi non si distingueva tra collezione permanente e mostra.

Il ritratto di Albus Silente in mezzo a quello di Ferdinando I di Borbone e della Duchessa di Floridia
Le monete della Gringott tra le altre della collezione del museo
La pozione d’amore che Lavanda ha fatto bere a Ron tra i vasetti di cristallo

Il coltello di Silente e la fiaschetta di Malocchio Moody tra gli oggetti in avorio


Il calice di Silente tra quelli della liturgia eucaristica
La burrobirra tra i boccali
Il bastone di Lucius Malfoy in mezzo agli altri della collezione del museo
Mentre eravamo in contemplazione delle scacchiere e del bastone di Moody che stava a pennello su un cassone antico, siamo state importunate da Lucius Malfoy che ci teneva proprio a scattarsi una foto con noi. Mia madre non se l’è fatto ripetere due volte. È stata la prima volta che non ho dovuto inseguire un cosplayer per avere una foto ma che si avvicinasse, per cui dovevamo quanto meno accontentarlo.



 


Dalle sale successive la mostra si è trasformata in una specie di Lucca Comics. Non so se ho gradito del tutto questa cosa ma capisco sia stata fatta per attirare soprattutto le famiglie con bambini. E alla fine anche noi ci siamo divertite a scattare foto ai vari personaggi.

Malocchio Moody
Tom Riddle e Voldemort (non so cosa gli abbiano messo in faccia per renderlo così, ma era uguale)
Rita Skeeter (l’ho odiata almeno tanto quanto la Umbridge)
Harry Potter e la svanitissima professoressa Cooman che si dilettavano a leggere i fondi dei bicchieri ai passanti.
Piton nel suo studio
Ma quanto ci sta a pennello questa sala del Museo con l’immagine che abbiamo dei luoghi del romanzo? Sia le sedie che la scrivania sono assolutamente credibili come parte dell’arredamento del castello di Howarts.
Per non parlare della mantellina rosa della Umbridge, accanto alla scrivania con sopra i piatti con i gattini.


Non devo dire bugie (superbe citazioni da Harry Potter)
Ho adorato che i bambini abbiano lasciato i loro calzini accanto a Dobby per contribuire a renderlo un elfo libero.






Vi metto qualche altra foto giusto per i più appassionati della saga.

Le cioccorane e gli altri snack della saga
La gira tempo che abbiamo beccato per caso tra la collezione orientale del museo

Il Quidditch

Le bacchette dei partecipanti al torneo "Tre Maghi" (in ordine dall'alto: Harry Potter, Cedric Diggory, Fleur Delacour e Viktor Krum)

  
Gli Horcrux






Da buona fan di Harry Potter questa mostra mi è piaciuta davvero tanto. Inoltre, nonostante io non ami particolarmente la ceramica, questo museo aveva delle opere stupende che mi piacerebbe rivedere con calma, senza nessuna mostra in corso. Il museo, poi, si trova all’interno di un bel parco dove vive anche una colonia di gatti che non aspettavano altro che farsi coccolare.
 

Insomma, a differenza delle volte precedenti, ho pensato che Napoli non era poi così male e che volendo sarei anche potuta tornarci. E se tutto questo non bastasse a spiegare il mio cambio di visione, vi do anche un’altra motivazione.
Mentre facevo ricerche sulla mostra ho fatto un’altra interessante scoperta che, con il senno di poi, potrei dire sarebbe valsa da sola l’intero viaggio a Napoli.
Per tutta la durata della mostra sarebbe stato parcheggiato fuori dal museo un autobus, il Bus Theater, mezzo di locomozione di una compagnia itinerante, che proponeva uno spettacolo dal titolo: Bus’s Rooms Vita, morte e oracoli, anche questo con reminescenze legate ad Harry Potter.




La cosa che mi ha incuriosito di più è che lo spettacolo fosse interattivo e solo per pochi (max 12 persone a spettacolo), in quanto si svolgeva all’interno dell’autobus.
Dopo aver dato una sbirciata alle foto dello spettacolo sul loro sito mi avevano già convinto a telefonare per prenotare.
La prenotazione equivaleva ad una fiche che bisognava consegnare per salire sull’autobus.


Lo spettacolo è durato solo mezz’ora (la mezz’ora meglio spesa della mia vita), ed è stato portato avanti praticamente solo da quattro persone, più una persona che lavorava dietro le quinte.



Non sto qui a raccontarvi i dettagli perché credo gli attori vogliano mantenere un certo velo di mistero riguardo alla loro opera e poi questo è uno dei casi in cui bisogna davvero vederlo e viverlo per capire, ma ci tenevo comunque a lasciarvi la mia impressione a riguardo.
Appena entrata nell’autobus ero un po’ spaventata. Non so perché ma mi aspettavo di tutto. Ho continuato a guardare con sospetto per quasi un quarto d’ora uno degli spettatori, convinta, a causa dei lineamenti del suo viso, che facesse parte dello spettacolo (lo so non è carino da dire ma è successo davvero, e non sono stata l’unica ad avere questa impressione).  Mi è piaciuto molto il loro modo di interagire con il pubblico, coinvolgente e non invadente. Essendo io una persona piuttosto timida, una cosa che davvero non mi piace degli spettacoli teatrali interattivi, è essere presa di mira in modo molto insistente dagli attori. Qui, nonostante la vicinanza massima, visto lo spazio ristretto dell’autobus, non ho percepito nessun fastidio, anzi quando lo spettacolo è finito mi è dispiaciuto quasi dover andar via.
Tutti gli attori hanno dei talenti incredibili. Ho assistito ad un assolo di violino da brividi e a delle vere e proprie magie, mi hanno quasi fatto commuovere senza aprir bocca e sbellicare dalle risate. E poi hanno guadagnato tutti 1000 punti solo per il fatto che ci hanno offerto il tè.
Che altro dire? Dopo tre settimane dallo spettacolo sto ancora canticchiando la canzoncina finale, quindi se ne avete l’occasione, vi consiglio davvero di andarli a vedere. Vi metto in fondo al post il link alla loro pagina facebook nel caso voleste sapere qualcosa in più su di loro o sulla prossima tappa del loro tour.
Lasciato il museo prima di proseguire verso la tappa successiva ci siamo fermate per pranzo. E cosa puoi voler mangiare se sei a Napoli? Ovvio. La pizza. Per cui essendo in tre abbiamo optato per 3 varianti diverse da dividere.

Pizza fritta con ricotta di bufala e cicoli (che io non avevo ancora provato nei viaggi precedenti)
Pizza a stella con un condimento diverso dentro ogni bordo
Pizza fatta con farina ai 4 cereali, con crema di zucca, mozzarella di bufala e salsiccia.
Mi è piaciuto tutto, ma è anche inutile dirlo, in qualunque locale mangi a Napoli la pizza è sempre ottima.
Preso anche il caffè (perché il caffè come lo fanno a Napoli… cit. mia madre) ci siamo dirette verso la metropolitana per raggiungere il centro di Napoli, verso la mostra successiva.
Siamo partite da Vanvitelli e siamo scese a Università. Le due fermate della metro erano stupende, delle vere opere di design moderno. Sembrava quasi di trovarsi in un mondo parallelo, una città futuristica. Poi è arrivato quel trenino giallo tristissimo e ci siamo ricordate di essere ancora a Napoli. La metro era affollatissima ma proprio per questo mi è capitato di vedere qualcosa che non vedevo ormai da tantissimo tempo. Un ragazzo che lascia il suo posto a qualcuno più grande di lui. E non si è trattato di un caso isolato. È successo svariate volte anche in tratte diverse della metro.
Napoli avrà anche tanti problemi ma a quanto pare c’è una cosa che non è andata persa, nemmeno con le nuove generazioni, è il rispetto per gli altri.
Siamo scese a Università quindi, perché quella era la fermata più vicina alla Basilica di San Giovanni Maggiore, location della mostra Van Gogh Immersive Experience. Chiamarla mostra forse non è appropriato ma non saprei bene che termine usare.
All’entrata, accanto alla biglietteria, si trovava la riproduzione della stanza di Van Gogh, dipinta da lui anche nei suoi quadri. Proseguendo si arrivava alla navata centrale della chiesa.
 

La navata della basilica era stata adibita a sala proiezioni (mi ha un po’ ricordato il Museo del Cinema di Torino… se visitate la città non perdetevelo!). Varie sedie, puff, divanetti, panche e sedie a sdraio erano sparse in ordine casuale, mentre sulle quattro pareti della chiesa  veniva proiettato un filmato su Van Gogh e le sue opere, con musica di sottofondo.




Ho amato in particolare il  modo in cui le proiezioni si integravano all’apparato murario della chiesa ed alcuni effetti speciali, come quelli  realizzati sulle colonne o l’acqua che cadeva da un quadro all’altro.



In generale è stato incredibilmente rilassante e la proiezione dei quadri a 360 gradi faceva davvero sentire dentro il dipinto. Vista anche la stanchezza accumulata durante la giornata, quella pausa ci voleva proprio.



L’unica nota dolente è stato il prezzo. Capisco i costi dovuti alle attrezzature ma l’offerta è stata a mio avviso un po’ troppo misera rispetto al costo del biglietto. Mi sarebbe piaciuto un filmato più lungo e che ci fossero più proiezioni immersive dei quadri.
In ogni caso se vi interessasse vederla la mostra sarà a Napoli fino al 25 febbraio. La consiglio soprattutto agli amanti di Van Gogh, a chi non è necessariamente interessato a vedere i quadri dell’artista ma solo all’idea della sua arte, a chi cerca un modo diverso per rilassarsi e passare una piacevole mezz’ora in mezzo a tanta bellezza.
Una volta recuperata tutta la stanchezza, ci siamo dirette a piedi verso via Toledo, dove sapevamo era in corso l’ultima mostra che avevamo programmato di vedere in giornata. Avevamo letto su internet che quel giorno la mostra sarebbe stata aperta fino alle 23, per cui abbiamo percorso la strada che ci distanziava dalla Basilica dello Spirito Santo con molta calma, credendo di avere ancora molte ore a disposizione per visitare la mostra.
Siamo arrivate così alla biglietteria che erano le 18.55 e abbiamo scoperto che questa chiudeva alle 19.00. Insomma siamo riuscite a fare il biglietto appena in tempo per entrare. Ma quale biglietteria chiude 4 ore prima della chiusura della mostra?
Credo che se non fossi riuscita a vederla per questo motivo, probabilmente avrei deciso di chiudere ogni rapporto con Napoli all’istante, ma per fortuna non è andata così.
Questa mostra era qualcosa che volevo vedere davvero da moltissimo tempo, sin da quando ero molto piccola. Ok, non è che volessi vedere proprio questa mostra ma più che altro ciò che essa rappresentava. Un flebile collegamento alla meta di viaggio che ho sognato di visitare da quando avevo 6 anni.
Di cosa parlo?
Mi spiace ma anche sta volta dovrete sorbirvi un racconto sulla mia infanzia per scoprirlo.
Scrivendo questo blog mi sono accorta, come mai prima, che la persona che sono, gli interessi che ho, hanno molto a che vedere  con come sono cresciuta.
Tutto cominciò una domenica pomeriggio di molti anni fa.  Pomeriggio perché siccome da noi la domenica era sacra, ogni domenica mattina si andava in chiesa, e per convincermi ad andarci nonostante alla stessa ora su Rai 2 ci fossero i cartoni animati, mia nonna me li registrava su videocassetta in modo che potessi vederli il pomeriggio.
Ora, ricordate cosa trasmettevano su Rai 2 la domenica mattina? Ve lo dico io: Carmen Sandiego. Ve lo ricordate?

© Wikipedia
La storia era costruita come una sorta di videogioco dove due detective dovevano catturare questa ladra di fama mondiale di nome Carmen Sandiego appunto, che si dilettava a rubare opere d’arte per motivi che diventavano sempre più improbabili di puntata in puntata.
Nella puntata in questione Carmen aveva avuto la brillante idea di costruirsi una scacchiera gigante fatta con statue e pezzi di castelli (dove recuperare le torri se no?).
Indovinate in quale città aveva deciso di recarsi per rubare le statue che avrebbero dovuto ricoprire il ruolo di pedoni ? A Xi’an, in Cina. Avendo a disposizione oltre 8000 soldati di terracotta chi avrebbe notato se ne mancavano 16?
Quella è stata la prima volta che ho saputo dell’esistenza dell’esercito di terracotta che il primo imperatore della Cina Qin Shi Huangdi si fece costruire intorno al II secolo a. C., perché fosse posto a guardia della sua tomba affinchè lo proteggesse anche nell’aldilà. E quella è stata anche la prima volta che ho iniziato a desiderare ardentemente di vederlo con i miei occhi.
Questo sogno non si è ancora realizzato, ma quando ho saputo che a Napoli c’era una mostra in cui era stato ricostruito parte dell’esercito (si tratta quindi di copie non degli originali!) ho sentito che dovevo almeno andare a vedere quello, in attesa di raggiungere la meta desiderata in futuro.


La mostra si dispiegava per tutta la chiesa. Siamo partite da un breve video che raccontava la storia della scoperta della Fossa 1, dove si trova la parte più consistente dell’esercito, per bocca dello stesso Yang Zhi  Fa, un contadino che nel 1974, mandato a scavare delle pozze per cercare l’acqua a causa della siccità che aveva colpito la zona, rinvenne la testa di una statua dell’esercito.

Yang Zhi Fa  © gettyimages
Si raccontava poi la storia di Qin Shi Huangdi e del modo in cui era riuscito ad unificare la Cina e delimitato i confini realizzando una prima muraglia, per poi seguire con l’ordine, dato all’età di soli 13 anni, di costruire il suo mausoleo. La costruzione durò ben 40 anni impiegando oltre 700.000 schiavi che, si dice, furono poi murati vivi per evitare che ne svelassero i segreti. Ciò che è possibile vedere a Xi’an in questo momento difatti sono solo le tre fosse contenenti l’armata imperiale.


Fossa 1, Xi'an, Cina  © Absolute China Tours

La tomba dell’imperatore, realizzata all’interno di una replica di dimensione ridotta del suo palazzo, circondata da mura lunghe 12 km, non è ancora stata dissotterrata. Le motivazioni date a riguardo sono varie. Si dice sia a causa della grande quantità di mercurio di cui è impregnato il terreno. In passato in Cina si pensava infatti che il mercurio rendesse immortali e per questo l’imperatore stesso ne richiedeva in grandi quantità. Inutile dire che l’avvelenamento da mercurio fu proprio la causa della sua morte.
Un’altra delle motivazioni addotte è che si stia aspettettando l’avvento di tecnologie più sofisticate e meno invasive per procedere con gli scavi, ma in generale c’è  probabilmente una sorta di rispetto e paura nel pensare di andare a disturbare il sonno dell’imperatore.
La mostra proseguiva con una serie di cimeli originali e delle riproduzioni, spiegando lo stato in cui alcune statue erano state rinvenute e la tecnica di costruzione delle stesse, che poi era stata utilizzata in parte anche per realizzare le copie presenti in mostra.




 

 
 Si spiegava come le statue fossero state create attraverso delle matrici ma poi il viso fosse stato perfezionato a mano nei lineamenti, in modo da ottenere dei volti tutti diversi l’uno dall’altro.



Sulle statue inoltre erano state trovate tracce di colore, segno che fossero dipinte. Il modello per le statue era ovviamente stato il vero esercito dell’imperatore e la cosa interessante è che le statue avevano tutti indumenti di fattura e colore diverso, questo perché all’esercito non venivano fornite le divise, per cui ogni soldato era equipaggiato con ciò che poteva permettersi di comprare da solo.


Una sala era allestita con alcune statue di diverso rango e livello gerarchico, in modo da comprendere come queste diversità si rispecchiassero nell’abbigliamento e nella postura.




Ogni statua era equipaggiata con armi reali che l’esercito usava in battaglia e oltre ai soldati erano presenti anche carri trainati da cavalli, cocchieri, arcieri ed acrobati.






Ho visitato questa mostra con una lentezza incredibile, perdendoci delle ore, per fissare ogni singolo particolare nella mente, per leggere ogni didascalia, per guardare ogni video con la massima attenzione.
Ho persino perso di vista mia madre che nel frattempo era andata chissà quanto avanti.
E poi mi sono trovata difronte uno schermo con un countdown che diceva di non proseguire fino allo scadere del tempo (mancavano 30 secondi quando sono arrivata) e non ho resistito. Ho detto a mia sorella: <<Aspetta qui che vado a sbirciare se vale la pena aspettare, o possiamo entrare subito>>. Sono così andata avanti ma appena girato l’angolo, ho visto con la coda dell’occhio qualcosa che mi ha immediatamente elettrizzato. Sono corsa indietro esaltata, decisa ad aspettare per godermi a pieno tutto lo spettacolo.


Allo scadere del tempo mi sono proprio fiondata dentro. Davanti ai miei occhi la Fossa 1 di Xi’an. Ok, la ricostruzione di un decimo della Fossa 1, ma era perfettamente ricontestualizzata. È stato come essere davvero lì, non ci potevo credere, soldati, cavalli e carri dentro un’unica buca. Non che avessero sfondato il pavimento della chiesa per capirsi, ma avevano creato una struttura sopraelevata che permetteva di guardare i soldati dall’alto proprio come avviene a Xi’an. Mi sono sentita come se in una piccola percentuale il mio sogno si fosse avverato.








Il countdown era per la spiegazione che partiva ogni 5 min. Sono rimasta a sentirla per ben due volte. Ero tanto presa che non me ne volevo andare, ma a un certo punto ci hanno proprio invitato ad uscire perché stavano per chiudere. 
Ci siamo così ritrovate allo shop, dove avrei voluto comprare il mondo, ma alla fine, visti i prezzi, mi sono limitata a stampare il mio esercito del cuore su una moneta da 5 centesimi, per poterlo portare sempre con me.



Avrei voluto riuscire a scrivere più in fretta questo post solo per invitarvi ad andare a vedere questa mostra che purtroppo è finita il 28 gennaio, ma non ce l’ho fatta. Mi scuso per questo, ma spero comunque di avervela fatta  vivere un po’ tramite il mio racconto.

Aggiornamento: la mostra l'Esercito di Terracotta e il Primo Imperatore della Cina è stata prorogata fino all'8 Aprile 2018. Se siete a Napoli non perdetevela!

Vi lascio qui il link alla pagina Facebook del Bus Theater, nel caso voleste saperne di più su di loro e sulle tappe del loro tour:
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